Nuova legislatura, si alza il sipario

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Si alza questa mattina il sipario sulla diciannovesima legislatura repubblicana, il primo atto è l’elezione dei Presidenti delle Camere e le novità sono diverse. Dopo il taglio dei parlamentari i deputati sono adesso 400 e non più 630 e i senatori 200 e non 315. C’è quindi più spazio in aula visto che molte poltrone sono state tolte e il teatro della democrazia riparte, dunque, con una capienza ridotta. Più importante sarà ovviamente il ruolo che politicamente il Parlamento è chiamato ad esercitare. Il centrodestra ha vinto le elezioni e toccherà ai Cinque Stelle, ai centristi di Calenda e Renzi e al Pd il ruolo dell’opposizione che ha diritto alle presidenze delle commissioni di garanzia come il Copasir (l’organismo di controllo sui servizi segreti) e la Vigilanza Rai. L’attesa è però rivolta alle mosse e alle scelte di Giorgia Meloni sul governo, si annuncia una partita a risiko insidiosa e con tante caselle da riempire ed occorre soprattutto trovare il giusto equilibrio tra politici e tecnici di alto profilo che devono rassicurare l’Europa, i mercati e il Quirinale. Il ragionamento della leader di Fratelli d’Italia è che “se e quando il Presidente della Repubblica mi darà l’incarico di formare un governo, io voglio essere pronta subito”. Farsi trovare pronta, in una fase così complicata per l’Italia e per il mondo, è la preoccupazione principale della Meloni ma prima dell’esecutivo in queste ore arriveranno i nomi dei prossimi Presidenti di Camera e Senato e proprio a Palazzo Madama la coalizione vincente ha numeri più risicati con solo una decina di senatori di maggioranza in più. Il centrodestra è dunque impegnato nel risolvere il rebus dei nomi per Parlamento e governo e a scrivere il programma del nuovo esecutivo che dovrà sbrogliare numerose matasse e nodi che, al momento, appaiono molto difficili da sciogliere con il caro energia in primo piano. Importante è anche il ruolo dell’opposizione divisa per tre e che fa fatica a trovare un comune denominatore nonostante gli appelli all’unità lanciati da Enrico Letta. Come ha scritto Rino Formica, la vittoria elettorale a destra della Meloni e a sinistra di Conte, soprattutto nel mezzogiorno, è un successo di due peronismi, più difficile è il compito che attende centristi e Pd, soprattutto quest’ultimo deve risolvere il problema della sua identità prima ancora della sua futura leadership. Da quando il partito democratico è nato nel 2007, non ha mai vinto un’elezione ma nonostante tutto ha fatto parte di molti governi anche guidandoli con Letta, Renzi e Gentiloni. La sconfitta del 2022 parte, dunque, da lontano ma piuttosto che discutere di questa crisi e provare a capire dove si è sbagliato e come si possono correggere gli errori, si continua stancamente a discutere di chi dovrà guidare il partito. Secondo il filosofo e accademico Carlo Galli, il Pd deve andare a caccia di una missione con l’obiettivo di non essere “un partito di governo a tutti i costi ma al contrario un partito di critica e di lotta…Se la destra ha interpretato la crisi sociale intorno all’idea di nazione, sarebbe logico che esistesse una sinistra che la reinterpretasse, con altrettanta energia, intorno a un’altra idea: l’emancipazione dalla povertà, dall’emarginazione, dalla paura. Non si tratta di scegliere, come se fosse un gioco di ruolo, se essere populisti o riformisti (ci sarebbe anche l’opzione laburista, in verità); si tratta piuttosto di decidersi a pensare la politica secondo le sue logiche immanenti. Quello di cui tanto si discute, e che sembra tanto importante – cambio di dirigenza, di alleanze, di nome, di struttura –, verrà di conseguenza dopo questa grande decisione. Se qualcuno avrà la forza di prenderla”.

di Andrea Covotta