Pd, è tempo di smettere di galleggiare

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L’Emilia non è l’Italia ma il governo Conte ha comunque tirato un bel sospiro di sollievo. Il Presidente del Consiglio al momento non rischia di finire la sua esperienza a Palazzo Chigi ma scongiurata la minaccia salviniana adesso deve fronteggiarne un’altra. La sua maggioranza numericamente è più o meno simile a quella iniziale ma politicamente questo test elettorale segnala un mutamento notevole. Il PD terzo alle scorse elezioni è ormai il partito baricentro della coalizione mentre i Cinque Stelle sono passati da partito di maggioranza relativa a forza quasi residuale.  Questa rapida dissoluzione crea inevitabilmente un punto interrogativo all’interno della coalizione di governo. Riuscirà la maggioranza a resistere a questo tracollo del partito che esprime più parlamentari ma meno voti? Un unicum nella storia della Repubblica. L’unico esempio è forse quello del ’92 quando per ragioni diverse (l’onda di Tangentopoli) i principali partiti di governo erano completamente delegittimati dall’opinione pubblica. Allora la legislatura tormentata da arresti e inchieste giudiziarie durò solo due anni e con due governi guidati da Amato e da Ciampi.  Lo scioglimento anticipato portò ad un’Italia completamente diversa dominata dalla figura emergente di Berlusconi. Nacque un bipolarismo destra-sinistra interrotto proprio dalla nascita del Movimento Cinque Stelle. Ora le lancette dell’orologio sono tornate a quell’epoca. Una destra non più dominata da Berlusconi ma da Salvini e una sinistra imperniata sul PD e innervata dalla spinta propulsiva delle “sardine” che hanno risvegliato un popolo addormentato e disilluso ridandogli orgoglio e speranza. Insomma alla fine il voto emiliano ha restituito all’Italia un bipolarismo che sembrava scomparso e che invece è ritornato velocemente. Il Parlamento eletto dopo il voto del 4 marzo del 2018 ha rapidamente cambiato pelle. PD e Lega che avevano raccolto rispettivamente il 18 e il 17 per cento sono oggi i due protagonisti principali sul palcoscenico politico.  Adesso però se Salvini ha una sua agenda e una sua narrazione il PD di Zingaretti deve costruire una nuova identità. Il segretario ha già detto che è pronto ad un congresso di scioglimento e di rifondazione ma una forza riformista deve nascere dal basso e non da una operazione di vertice. Essere contro questa destra ha mobilitato un elettorato come è successo in Emilia ma il prossimo passo deve essere quello di rifondare il partito e l’alleanza di governo. Non è un compito semplice per Zingaretti ma aver respinto l’offensiva leghista “nella sala macchine del riformismo italiano” è indispensabile per progettare il futuro. Non un complito semplice per un partito alle prese con i problemi dell’esecutivo e con una agenda che vede altri impegni elettorali. Il 23 febbraio si vota a Napoli e il primo marzo a Roma per eleggere due parlamentari con le suppletive e il 29 marzo il referendum sul taglio del numero dei parlamentari cui fatalmente seguirebbe una indispensabile riforma della legge elettorale. Un Paese quindi in perenne campagna elettorale. La strada preferita da Salvini che conosce meglio di tutti la strategia dell’annuncio permanente. Zingaretti ha bisogno di cambiare con urgenza il suo messaggio mediatico per evitare di rincorrere il leader leghista. L’Emilia per l’appunto non è l’Italia ma ha insegnato alla sinistra che Salvini si può battere sapendo però che il centrodestra oggi è ancora maggioranza nel Paese. Il PD dovrebbe rinunciare a fare il gioco del rinvio dei problemi nel tentativo di tenere in equilibrio la coalizione. E’ sull’agenda che si giocherà il futuro della legislatura. Mettere mano ad un programma economico chiaro e affrontare le tante crisi aziendali, ex Ilva e Alitalia solo per fare degli esempi. La spallata salviniana non è andata per ora in porto ma adesso è tempo di smettere di galleggiare.

di Andrea Covotta