Quanto vive una cultura?

0
461

di Virgilio Iandiorio

Al medioevo reale, di cui sono rimaste le tracce negli antichi castelli della nostra provincia, rimessi a nuovo dopo il terremoto del 1980, fa riscontro un medioevo immaginario che appaga le fantasie di molti su questa epoca storica popolata di uccelli e animali mostruosi, di streghe e di tesori occultati, e fatta di   danze, formule magiche e rituali propiziatori. Tutto questo come il naturale svolgimento di fatti remoti.

Noi consideriamo alla stregua dell’evoluzione del nostro corpo, che nasce cresce e muore, i fatti culturali. Un atteggiamento che ci portiamo dentro e che diamo come un assioma, cioè come principio evidente per sé, e che non ha bisogno di esser dimostrato. Riferito alle streghe, per esempio, ciò vuol dire che noi riteniamo “la loro presenza” nella tradizione culturale alla stregua di un fenomeno naturale, come se si evolvesse dal suo interno: dai culti per la natura dei popoli nordici venuti nel Mezzogiorno, che si legano a quelli latini, al Cristianesimo, e così a seguire fino ai nostri giorni.

Ritenere che i fatti culturali abbiano una loro evoluzione come la vita degli esseri viventi, porta immancabilmente ad una interpretazione “sviluppista”. “Nella cultura –scrive Robert A, Nisbet (2017 p. 26) non vediamo nulla di tutto questo: morte, degenerazione, sviluppo e nascita. Tutto quello che vediamo sono i fatti confusi della persistenza e del cambiamento… Tutti questi termini [morte, degenerazione, sviluppo nascita] hanno una loro rilevanza immediata e indiscutibile nel mondo organico, nei cicli vitali delle piante e degli organismi. In quel mondo sono parole il cui significato è letterale ed empiricamente osservabile. Ma applicate ai fenomeni sociali e culturali, queste parole non vanno intese in senso letterale. Sono metafore… un metodo di conoscenza, uno dei più antichi e radicati, persino indispensabili modi di apprendere nella storia dell’umanità. E’ [la metafora] nella sua forma più semplice, un modo di procedere dal conosciuto allo sconosciuto”.

Domande come questa: quando è nato il Romanticismo? Quando è finito (o morto) il Verismo? Si sono sentite chissà quante volte nelle aule scolastiche. E avevano ragione gli studenti che rimanevano perplessi e non sapevano rispondere. Perché non c’era, e non c’è, una risposta a domande simili. Perché i fatti culturali non sono “congruenti” con quelli naturali, come è la nostra vita: si nasce, si cresce e si muore. I fatti culturali non tengono conto di limiti temporali, perché vivono con il tempo.