Referendum fra Italia ed Europa

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Più si avvicina la scadenza del referendum costituzionale, più appare chiaro che sulla data che verrà alla fine scelta dal governo convergeranno tutti i problemi ancora aperti e che tali resteranno di qui alla fine dell’anno: conti pubblici, occupazione, collocazione dell’Italia in Europa, migrazioni, sicurezza e ordine pubblico. Del resto, l’interconnessione è evidente: nell’Unione europea, anche se traballante, nessun Paese è un’isola (tanto più oggi che la Gran Bretagna ha mollato gli ormeggi). E, per quanto riguarda l’Italia, anche se Matteo Renzi ha corretto l’iniziale errore tattico di legare il suo destino politico alla vittoria del Sì, non v’è dubbio che una sconfitta referendaria comporterebbe l’impossibilità di proseguire l’esperienza di governo. Altra cosa sarebbe la conclusione anticipata della legislatura, per nulla scontata. Il Parlamento uscito dalle urne elettorali nel marzo del 2013 ha già dato luogo – proprio a causa dell’assenza di una maggioranza chiara al Senato – a governi di coalizione di colore e composizione diversa, e altre combinazioni sarebbero ancora possibili, visto anche l’elevato numero di trasmigrazioni di deputati e senatori da un gruppo all’altro. Dunque, se il No vincesse, sarebbe certamente una sconfitta per Renzi ma toccherebbe poi al presidente della Repubblica studiare il da farsi, naturalmente dopo aver consultato i presidenti delle Camere e i gruppi parlamentari. E’ comprensibile, data l’importanza della posta in palio, che Renzi usi tutti gli argomenti utili per convincere gli elettori: e anche per questo inevitabilmente il referendum diventa un giudizio sull’intero operato del suo governo. Già di per sé il progetto di riforma costituzionale appare come il completamento delle riforme già attuate (scuola, lavoro, fisco), e il necessario motore per ulteriori interventi da promuovere nel segno di una “democrazia governante” che è l’obiettivo principale da raggiungere. Il collegamento con l’Europa è dato dall’apprezzamento generale che le riforme fin qui attuate dal governo hanno riscosso presso i nostri partner, più disponibili a riconoscimenti di quanto non siano stati finora in Italia non solo i partiti di opposizione (e questo si può capirlo), ma anche alcuni partiti della coalizione o parte di essi, come la minoranza del Pd. Ora per Renzi è giunto il momento di capitalizzare questi consensi, e ne avrà presto l’occasione, a cominciare dal vertice di lunedì nelle acque di Ventotene con Angela Merkel e François Hollande. L’obiettivo è il rilancio dell’idea d’Europa e della sua realizzazione dopo l’uscita della Gran Bretagna e di fronte ai gravi problemi del momento: pace, migrazioni, rilancio dello sviluppo. Con la cancelliera tedesca è previsto un altro incontro a breve, mentre entro poche settimane e comunque prima del referendum dovranno essere definiti con Bruxelles i margini di elasticità entro i quali i nostri conti del 2017 dovranno muoversi per non incorrere nei fulmini della Commissione e nel contempo consentire il proseguimento di una politica economica espansiva. E’ comprensibile che, dovendo ancora metabolizzare l’uscita del Regno Unito, sia Parigi che Berlino vogliano scongiurare in ogni modo l’apertura di una fase di instabilità in un altro Paese chiave dell’Unione quale è l’Italia, e quindi si augurino, anche se non possono dirlo apertamente, una vittoria del Sì. Prima Hollande e poi la Merkel dovranno affrontare nel 2017 importanti elezioni nazionali, ed entrambi se la vedranno con forti opposizioni antieruopee. E’ loro interesse presentare agli elettori un quadro positivo e di stabilità in Europa, e dunque hanno bisogno di un’Italia proiettata in avanti e non ripiegata su problemi interni. D’altra parte, anche il governo italiano ha qualcosa da concedere ai suoi partner: alla Merkel il consenso ad un forte rallentamento delle procedure di effettiva uscita di Londra dall’Unione; ad Hollande la possibilità di continuare a sforare i parametri europei di bilancio senza incorrere in procedure di infrazione. Dunque, i termini dello scambio sono chiari, e già da lunedì si capirà se il negoziato è partito col piede giusto. Quanto poi alle ricadute, in termini di voti, sull’esito del referendum costituzionale, è tutto ancora da vedere.
edito dal Quotidiano del Sud