Referendum, le ragioni di un voto

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Il 20 e 21 settembre si voterà per il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari approvata da tutti i partiti, in quattro votazioni successive a schiacciante maggioranza, dai due rami del Parlamento. Molti di coloro che hanno votato per la riforma hanno cambiato idea e si sono schierati per il NO. Le ragioni del mutamento possono sostanzialmente essere ricondotte, per un verso, ad una valutazioni di carattere politico strategico e contingente e per un altro ad una valutazione più propriamente di natura politico- istituzionale.
L’opposizione, dopo aver votato si alla riforma in Parlamento, ritiene che la vittoria del No sarebbe una clava contro il Governo e costringerebbe il Premier Conte a dimettersi, non trascurando anche la volontà di non darla vinta ai 5 stelle (verso i quali non abbiamo alcuna simpatia!) che hanno voluto questa riforma iscrivendola a loro merito. Il No è strumentalmente utilizzato per mandare a casa Conte Le ragioni di carattere più squisitamente istituzionali consisterebbero nella considerazione, comune a molti costituzionalisti, opinionisti e politici di rilievo, che la diminuzione del numero dei parlamentari limiterebbe la democrazia nel nostro Paese, quando non avvenga in un contesto di una riforma più ampia.
Quanto alla prima posizione è facilmente opponibile che la materia referendaria dovrebbe rimanere fuori dalla logica di opposizione al Governo essendo di esclusiva competenza parlamentare e che i “giochetti” di far dimettere Conte, che gode di un largo consenso popolare e, per giunta senza un’alternanza possibile e resa pubblica non sono più tollerati dagli elettori come dimostra il calo dei consensi alla Lega.
Quanto alla seconda posizione si dovrebbe convenire su alcuni presupposti. Primo: il numero dei parlamentari non fa la democrazia né la rappresentanza è data dal rapporto tra il numero degli elettori e gli eletti ma dalla scelta dei rappresentanti fatta dal popolo sovrano e non dai partiti. La Cina dovrebbe essere il paese più democratico del mondo con il suo innumerevole numero di parlamentari e Gli Stati Uniti (cinque volte più grande dell’Italia) uno dei meno democratici con i suoi cento senatori e 415 parlamentari. Quasi tutte le nazioni europee (democratiche per definizione) hanno un numero di parlamentari inferiore al nostro o si accingono a diminuirlo.
Infine una considerazione finale.: L’esigenza di una diminuzione del numero dei parlamentari e di un adeguamento delle loro funzioni, soprattutto al Senato, ha costituito in Italia dibattiti e discussioni già dagli anni sessanta, sul presupposto che la Costituzione, una delle più belle del mondo sotto il profilo dei principi generali, andasse adeguata al cambiamento del rafforzamento del sistema democratico dando più impulso a decisioni rapide e non ripetitive che avevano ispirato, i nostri costituenti a prevedere pesi e contrappesi a garanzia contro un possibile nuovo fascismo.
Nel tempo si sono succedute numerose bicamerali: da quella presieduta dal liberale Bozzi negli anni 83/84 a quella presieduta da De Mita e poi Iotti nel 93/94 a quella D’Alema del 97. Nessuna di queste ha sortito risultati. Poi ci sono state le riforme fatte a colpi di maggioranza da Berlusconi prima e Renzi dopo, anch’esse bocciate dal popolo. Infine si sono avute riforme parziali ex art. 138, alcune buone altre pessime, sempre fatte a colpi di maggioranza che non hanno intaccato i difetti di prima. Oggi siamo all’ultima spiaggia. Si dovrà pur fare una decente legge elettorale che ridia agli elettori la possibilità di scegliere i propri rappresentati non imposti dai partiti politici e adeguare le Istituzioni con opportune normative legislative e regolamentari ad una maggiore funzionalità e centralità del Parlamento. Forse il referendum può costringere i nostri riottosi e mediocri politi(canti) a fare un salto di qualità. Se non lo fanno ora, dopo la crisi del Covid 19, il degrado dell’Italia è segnato per sempre. Il PD di Zingaretti, come i 5 stelle sono schierati per il Si come, stando a quanto dicono i sondaggi, la stragrande maggioranza degli elettori che, però, sono spinti da un sentimento anticasta. Ma anche stavolta il fine giustifica i mezzi!

di Nino Lanzetta