“Riabitare il Sannio. Comunità che si rigenerano nella prospettiva della felicità pubblica”, questo il tema del seminario promosso presso la Sala Ciardiello del polo didattico Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi Quantitativi dell’Università del Sannio di Benevento da Università, “Laboratorio per la felicità pubblica”, associazione “Riabitare l’Italia” e “Fondazione di Comunità di Benevento”.
Numerosa la partecipazione e diverse le istituzioni e le associazioni presenti in sala – tra gli altri i sindaci di Molinara, Giuseppe Addabbo, Apice, Angelo Pepe, e Apollosa, Danilo Parente – per un confronto che ha visto gli interventi del professore Gerardo Canfora rettore Università del Sannio; del professore Giuseppe Marotta prorettore Università del Sannio; di Ettore Rossi coordinatore del Laboratorio per la felicità pubblica; di monsignor Felice Accrocca arcivescovo di Benevento; di Angelo Moretti presidente Fondazione di Comunità di Benevento, di Marco Leonetti sull’apertura dell’Hub di montagna in Valle Subequana; della professoressa Stefania Leone docente di Sociologia Università di Salerno e di Daniela Storti Ricercatrice CREA e Coordinatrice Scuola Giovani Pastori; e di Sabrina Lucatelli direttrice dell’associazione “Riabitare l’Italia”, esperta di Politiche di Sviluppo aree a bassa demografia, già coordinatore della Strategia Nazionale delle Aree Interne.
«Dobbiamo trovare – ha sottolineato il professore Marotta – un percorso nostro, autonomo, di sviluppo perché le aree interne sono belle, sono un patrimonio enorme di risorse importanti soprattutto oggi che si parla di transizione ecologica. Oltretutto, il grosso delle risorse naturali stanno nelle aree interne. Questa è la sfida che l’Unisannio vuole lanciare, dare consapevolezza prima di tutto ai cittadini, ai giovani e alle istituzioni che nelle aree belle si può portare anche un racconto positivo».
«Tutti siamo area interna ma poi ogni territorio ha le sue caratteristiche e le sue specificità. Credo – questo il monito di monsignor Accrocca – che per il nostro territorio sia importante acquisire nel profondo l’idea di dover fare gioco di squadra».
«Abbiamo voluto sottolineare – ha spiegato Ettore Rossi – che nelle aree interne si può vivere e si può vivere bene anche in maniera soddisfacente e felice perché le aree interne hanno una caratteristica: sono deboli dal punto di vista delle infrastrutture materiali ed immateriali, dei servizi essenziali, però hanno una infrastruttura di cui le aree urbane oggi sono carenti e cioè l’infrastruttura delle relazioni.
In questi territori di aree fragili, di aree rarefatte, si conserva ancora una buona qualità della vita e ci sono anche degli interessanti segnali di autopropulsione, cioè quelli che restano si danno da fare e promuovono iniziative anche imprenditoriali. Certo non è un mondo perfetto, anzi, è un contesto in difficoltà rispetto al quale però dobbiamo invertire la narrazione. Non solo luoghi condannati alla scomparsa, da abbandonare, luoghi della depressione; sono invece luoghi su cui innestare strategie e politiche. Non esistono luoghi immodificabili perché i destini dei luoghi dipendono da quello che si mette in campo. Ecco la necessità allora prima tutto di unire le forze tra i vari soggetti, perché uno dei temi che sta a cuore al nostro Laboratorio è quello della restanza dei giovani e dei giovani che intendono ritornare. I giovani hanno in alcuni casi la voglia di restare, l’aspirazione a restare, molti altri pur avendo questa propensione vanno via perché non ci sono le condizioni, allora noi diciamo di ripartire anche da questi territori, e l’invito è rivolto all’Università ed al modo imprenditoriale, al mondo della ricerca e della formazione: cerchiamo di creare le condizioni per nuove occupazioni di qualità, nuove attività imprenditoriali, e quindi offrendo dei servizi di accompagnamento che consentano ai giovani di poter costruire qui la propria vita. Dobbiamo intensificare i dialoghi, intensificare i tavoli di lavoro, perché questa è una cosa possibile».
«Noi girando nei territori, in queste aree marginali, notiamo – ha concluso Ettore Rossi – tanta vivacità e tanta voglia di fare ma molta solitudine rispetto all’accompagnamento, soprattutto di intraprese giovanili. Questa è una scommessa. Abbiamo parlato di una scuola per i giovani pastori che l’associazione Riabilitare l’Italia ha realizzato già in Piemonte e presto attiverà in Sicilia, ed allora perché la scuola per giovani pastori non può partire anche in Provincia di Benevento, sarebbe una idea interessante».
Conclusioni affidate a Sabrina Lucatelli, direttrice dell’associazione “Riabitare l’Italia”. « E’ stata una esperienza ricchissima, si sente questo tessuto vivissimo di Benevento e del Sannio ed abbiamo capito che dobbiamo lavorare per superare le barriere intergenerazionali, quindi non solo più protagonismo dei giovani, ma una maggiore capacità di lavorare insieme: anziani, mezza età e giovani. Gli anziani sono un pezzo importante della comunità delle aree interne e quindi una maggiore attenzione alla terza età non solo in termini di aiuto e sostegno ma soprattutto per un rinnovato protagonismo, perché sono poi anche questi anziani che hanno conoscenza delle tradizioni dei paesi. Un altro divario da superare è quello tra città e aree interne, tra area costiera e area interna, e soprattutto non pensare che si debba immaginare un nuovo modello che parta dalla aree interne perché le città non funzionano, ma bisogna pensare a città sane e aree interne sane, un nuovo modo di fare ponte, di fare rete e lavorare insieme e quindi creare una quotidianità di vita comune tra queste aree interne che danno sole, acqua ed energia a tutto il nostro paese e queste città che comunque sono il cuore della nostra economia. Dobbiamo fare di più, economia e servizi in rete, e la parola chiave è sicuramente: superamento delle barriere».