Riforme, partita complicata

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Con la votazione finale alla Camera dei deputati sulla riduzione del numero dei parlamentari non appaiono sciolti i nodi riguardanti i “contrappesi”, cioé le importanti modifiche ai regolamenti delle Camere e la  nuova legge elettorale. Solo che il risultato politico del provvedimento verrà incassato subito dal M5S in qualità  di storico sostenitore di questa battaglia di bandiera. Invece, sono al di là da venire i rimedi ai numerosi inconvenienti di una riduzione dei parlamentari slegata da una visione generale del tipo di democrazia da incentivare. Essi sono affidati ad una sorta di “carta di impegni”. Destinati a diventare realtà solo se, al momento della loro attuazione, gli interessi politici dei sottoscrittori lo permetteranno ancora.

Tra gli obiettivi concordati rendere omogenea l’età – diciotto anni – per votare alla Camera (già approvata) e al Senato, dove sarebbe varata in tempi brevi. La  diminuzione dei delegati regionali nella elezione del Presidente della Repubblica, per evitare un loro peso preponderante. La modifica delle basi territoriali per l’elezione al Senato, che da regionali potrebbero diventare pluri-regionali, garantendo tuttavia le minoranze. Ancora in alto mare, invece, le questioni riguardanti il rapporto di fiducia tra Camere e Governo. La riduzione del numero dei deputati e la notevole dimensione delle circoscrizioni renderebbero però l’Italia il Paese europeo con il numero più alto di elettori per ciascun eletto!  Per un risparmio estremamente limitato, allora, valeva la pena di accrescere ancora di più le distanze tra i parlamentari e una opinione pubblica sempre più lontana dalla politica? Vi è poi il nodo della legge elettorale, non indifferente per la formazione delle maggioranze. Infatti il voto ha lo stesso valore, cioè uno, solo nei sistemi proporzionali. In quelli maggioritari, invece, tra premi di magggioranza al partito o alla coalizione la stessa quantità di voti riportata in sede elettorale può portare a un numero di seggi il più vario. Il valore del voto è perciò diverso. Spesso in maniera anche sensibile. A seconda che il voto sia andato a una forza politica che abbia corso da sola. O all’interno di una alleanza. Oppure a un partito fortemente rappresentato in qualche territorio. Clamoroso il caso della Lega che anni fa, con la coalizione di centrodestra ottenne alcune  decine di deputati col maggioritario, mentre un’altra forza politica, non aderente ad alcuna coalizone, con un quasi uguale numero di voti a livello nazionale non conquistò nessun seggio! E altrettanto clamorosi altri risultati! Nel 1996, l’Ulivo riportò 16 milioni e 265mila voti circa (43,39%) e ben 322 seggi, il Polo delle Libertà, invece, con appena 650mila voti circa (42,07%) in meno ottenne solo 246 seggi. Nel 2006, l’Unione ottenne 19.002.598 voti (49,81%) e ben 348 seggi, mentre la Casa delle Libertà 18.977.843 (49,74%) e solo 281 seggi. Si è toccato l’apice delle distorsioni maggioritarie nel 2013, quando l’affermazione del M5S ha rotto lo schema bipolare che reggeva il sistema maggioritario. Il premio fu assegnato al centro-sinistra (con meno del 30% dei voti!), mentre il centro-destra – indietro di neanche mezzo punto – ottenne appena 124 seggi, cioè poco più di un terzo di quelli del vincitore! Non a caso, la maggior parte delle leggi elettorali varate dalle maggioranze occasionali sono state poi bocciate dalla Consulta per aver sacrificato eccessivamente la rappresentanza rispetto alle esigenze di governabilità. O meglio, a quelle del proprio potere! Così nel caso di quella elaborata dal centro-destra come di quella di Renzi, ultimo rozzo tentativo di manomissione costituzionale. Entrambe sonoramente bocciate dai referendum popolari!

Oggi, per superare le gravi distorsioni verificate, occorre puntare su un sistema sostanzialmente più proporzionale come l’unico in grado di garantire quasi tutti. Mentre il M5S appare deciso a sostenere questo sistema, nel Pd appaiono linee diverse. Vi è poi l’atmosfera surriscadata dalle polemiche di Renzi, che certo non favorisce una navigazione tranquilla alla maggioranza. Poichè tutti i gruppi sono in fibrillazione a causa della riduzione dei (loro) parlamentari, non si escludono sorprese !

di Erio Matteo