Ripartire dalle donne per la pace

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In molte citta’ italiane, sabato scorso, è stata organizzata una marcia globale a favore delle donne afghane. Come segno visibile di tale iniziativa è stato scelto un pezzo di tessuto bleu esposto alle finestre e legato alle mani delle manifestanti. Grande sostegno è stato dato dal movimento promosso da Papa Francesco “The economy of Francesco” per un patto per il futuro, rivolto dai giovani a economisti, imprenditori e promotori di economia sostenibile. L’evento ha raccolto il grido delle donne afghane che per le vie di Kabul, nei giorni scorsi, hanno gridato :”le donne afghane esistono e chiedono di sostenere la loro voce; non ci fate sparire, mondo riesci a sentirci”. Il nostro premier Mario Draghi ha raccolto tale appello dichiarando che il G20 Empowerment dovra’ :” Difendere la dignita’ delle donne ovunque, soprattutto dove sono piu’ minacciate “La crisi afghana ha riproposto drammaticamente a livello globale l’urgenza di dare concreto ascolto al grido delle donnein particolare quelle afghane- per non arretrare di 20 anni le lancette dell’orologio della storia. La stessa crisi ha rafforzato ulteriormente la diffusa opinione che l’alveo da cui scaturiscono le guerre, quelle passate e quelle presenti, è quello dove è egemone la “mascoli – nita’” del potere. I principi e le attitudini belliche sono sempre e comunque associati all’es – sere maschio nelle azioni delle leve del potere. Gli stessi sistemi normativi, le strategie, i postulati dell’onore e della sopravvivenza, i campi dell’economia e della politica, della sicurezza e dei conflitti afferiscono al protagonismo senza confini delle classi dirigenti maschili. Questo protagonismo, tra l’altro, condiziona i rapporti tra generi. Viceversa le donne, come categoria sociale sempre attiva e responsabile, hanno sviluppato una presenza che oggi costituisce una vera risorsa politica e sociale per la costruzione di una societa’ di pace in tutti gli spazi relazionali, nei luoghi di cura delle persone piu’ deboli, all’interno dei quali le donne operano con impegno esemplare. Oggi è piu’ che mai rilevabile che laddove esistono ancora strutture sociali, normative e cognitive patriarcali, tali da mantenere le donne in situazioni di emarginazione, di vulnerabilita’ e di violenze, persistono condizioni sistemiche di guerra e di sottosviluppo totale. Lo sforzo da compiere, dunque, è un sostanziale cambio di paradigma cognitivo, relazionale ed etico che preveda l’inclusione di tutti i membri delle comunita’, con uomini e donne in sinergia operativa per lo sviluppo integrale delle comunita’ di appartenenza. Il fallimento complessivo della politica occidentale in Afghanistan, è fondamentalmente dovuto al fallimento di questo paradigma, mai promosso con pazienza e determinazione. Chi attualmente sostiene che la democrazia non è esportabile afferma una verita’ solo parzialemente giusta , ma non analizza compiutamente che prima della democrazia bisogna costruire valori e legami comunitari solidi, con autentiche connessioni sociali, umane e spirituali comuni, tali da superare sedimenti patriarcali deleteri e senza futuro. Le donne sono le prime risorse sociali e politiche da mettere in campo per aprire il cantiere della pace e dello sviluppo. Attualmente, sul piano globale, sono da considerare alcuni segnali positivi sul piano dell’agenda di genere e sicurezza, ma non è ancora assicurata alle donne una presenza attiva nei momenti negoziali, tuttora egemonizzati da una presenza maschile politico- militare tendenzialmente belligerante. Basti rilevare che nel 2008 i programmi connessi all’agenda Onu “Donna, pace e sicurezza” hanno ricevuto solo il 2% dei finanziamenti. Attualmente si registra un positivo approccio di genere grazie all’impegno di intellettuali femministe. Sul piano culturale la ricerca accademica sulla guerra – prevalentemente antrocentrica- si registra una presenza femminile significativa. E’ questa la via auspicabile per cambiare il paradigma di cui ho fatto solo qualche cenno.

di Gerardo Salvatore