Salvini e il Sud “Amore” senza passione

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Ogni qualvolta si parla di Matteo Salvini – in verità sempre più spesso- al di là delle sue stupefacenti fortune elettorali , ci si trova di fronte a due singolari, prevalenti valutazioni. Una da “giudizio- pregiudizio sentimentale”, di antipatia e basta; l’altra di “giudizio -pregiudizio razionale” con meditate spiegazioni. Per dire subito che, dopo anni di insulti, rivolti e spediti al Sud, con “altrettante velenose ricevute di ritorno”, se la sua odierna “folgorazione meridionalista” non convince ancora è, oltre che per la storia della sua provenienza, anche per la sua odierna tiepidezza nei riguardi del Mezzogiorno. Di un amore, insomma, senza passione, nonostante “bacioni, inchini e mani giunte”. Dopo aver fatto quaggiù il pieno di voti, resta memorabile la mega- figuraccia del governo nell’aver ignorato il Mezzogiorno nel “contratto… tratta e vinci”, ripescato poi marginalmente, con rassicurazioni confuse come la “punteggiatura nelle corrispondenze di Pulcinella”. La Lega, da quando è nata, ha sempre cercato di marcare le distanze dal Sud. In verità l’ antimeridionalismo del Nord nasce nel periodo post unitario per il varo di leggi e provvedimenti tutte penalizzanti per Mezzogiorno . Ma verrà ripreso, negli anni Settanta, dal Prof. Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega, promotore di uno dei primi disegni di Macroregioni, che se fosse stato realizzato, avrebbe creato due, tre Italie.  Poi venne Bossi con i suoi “editti domenicali” secessionisti, per arrivare al progetto odierno dell’autonomia differenziata. Contemplata certo dalla Costituzione ma accelerata con un referendum di tre regioni del Nord, in direzione di un’accentuazione mirata del “decentramento regionale”, sulla scia di quel “federalismo dal basso” , in grado di valorizzare le autonomie cresciute sul territorio. Che nessuno certo può fermare , come già disse anni fa Giuseppe De Rita, parlando di “poteri in marcia”, cioè di comuni, rappresentanze sociali e autonomie funzionali , che, oggi più di ieri, chiedono giustamente spazio. Una grande occasione non colta però da Salvini per meritarsi una “legittimazione meridionalista”, avanzando coraggiosamente una “centralità del Mezzogiorno” in base a un principio di reciprocità con il Nord di fonte autorevole . Una tra tutte, Francesco Compagna, che, per convincere gli scettici, diceva : “Quando a Milano e a Torino piove, a Napoli diluvia . Ma quando a Napoli e a Palermo , e in tutto il profondo Sud, si fosse arrestato di piovere, anche a Milano e a Torino potrebbe cessare di piovere”. Giusto che la Regione sia interlocutore responsabile, però, nell’ambito della Repubblica, una e indivisibile, non può essere un contestatore rissoso, da Paese frazionato, multivariabile e quindi, poco solidale”. Salvini a riguardo è stato molto reticente . Si sa che lassù non si muove foglia che il governatore“ Zaia” non voglia . Non è un caso che sempre Zaia abbia detto: “Se non passa l’autonomia, governo a casa”. Oggi Salvini sarà ad Avellino, nella terra di Guido Dorso- se non lo sa, glielo si dica- di colui che parlò del “Risorgi – mento” come di una conquista regia, un meccanismo di continui, aggiramenti, compromessi e accorgimenti, che appiattirono la indipendenza”. E soprattutto che “ la questione italiana è, dunque, la questione meridionale, e la rivoluzione italiana sarà la rivoluzione meridionale”. Non un gioco di parole ma una lucida consapevolezza di una” visione lungimirante di nazione”, che non può sperare in meglio se sorvola su egoismi territoriali e anacronistiche asimmetrie, tuttora valida a oltre cento anni dalla sua formulazione , nel 1925. Abbiamo però un sospetto, che, nel contratto da “piccola Yalta”, metafora di una “spartizione” tra M5S e Lega, i peggiori vincitori del 4 Marzo di un anno fa , Salvini non abbia voluto forzare la mano sul Sud. “A pensare male è peccato, ma spesso si indovina”.

di Aldo De Francesco