Il dibattito pubblico che si sviluppa nel nostro paese, a tutti i livelli ha sempre un sottofondo amaramente mistificatorio. Mentre si discetta dalla stampa, ai salotti televisivi, ai social sull’inefficacia della didattica erogata dagli istituti a distanza, ben guardandosi accuratamente dall’affrontare il cuore del problema, si comincia, nel mondo reale, a procedere alla somministrazione di uno dei tre vaccini a disposizione al personale delle scuole under 55 in prossimità di una fase di consistente risalita del contagio ( per quanto rileviamo dai dati delle scuole). E qui si aprono due ordini di problemi. Se da un lato l’anticipazione della fase vaccinale rivolta ai docenti è stata anche conseguenza diretta di una richiesta dei sindacati, dall’altro definire piano vaccinale il comunicato stampa dell’altro giorno della ASL o il documento dell’Unità di crisi inviato ai dirigenti scolastici significherebbe riconoscere ad ASL e Regione una capacità di pianificazione e programmazione che di fatto non c’è stata e non c’è ancora. Siamo distanti anni luce dai presidi infermieristici richiesti negli istituti e da una organizzazione della somministrazione a servizio delle scuole e quindi di un consistente numero di persone. Questa è la conseguenza più diretta della assenza di una volontà politica tesa a realizzare sistemi funzionale ai bisogni rilevati. C’è un altra questione, tuttavia, ben più grave, di carattere nazionale, volutamente non affrontata dal precedente governo e che non sappiamo se sarà affrontata dal governo che a breve sarà insediato. Crediamo che lasciare all’obbligo morale dell’individuo la scelta sulla vaccinazione o meno, soprattutto nei luoghi di lavoro più sensibili, sia un doppio vulnus del sistema di sicurezza. Da un lato non avranno tutti una uniforme copertura ma soprattutto, chi ha scelto di fare, responsabilmente, il vaccino è lasciato privo della tutela dell’iter procedurale previsto dai protocolli in caso di obbligatorietà: questa responsabilità di aver lasciato soli i cittadini e i soprattutto i lavoratori è una responsabilità enorme sulle spalle del governo che verrà e un sindacato che ha a cuore realmente la tutela di chi lavora non può non richiedere forme di necessaria regolamentazione.
Dichiarazione di Erika Picariello (CGIL)