Senza il Sud non si vincono le elezioni

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Come interpretare le recenti calate delle leadership politiche, da Renzi a Salvini, verso Sud?

Il sospetto, neanche tanto velato, di ricerca e costruzione del consenso in un Mezzogiorno orfano di una vera classe dirigente, in prospettiva di una campagna elettorale già alle porte, rende più fondata l’ipotesi del ricorso alle urne.

Senza il Mezzogiorno non si vincono le elezioni politiche, e i leader di qualsiasi epoca ne sono stati sempre consapevoli.

Se il progetto leghista di sfondamento a Sud, al di sotto del Po, con un’improbabile Lega dei popoli e l’accantonamento definitivo del secessionismo leghista d’impronta migliana, ha sparigliato le carte sul tavolo di un centro-destra disorientato e senza una vera guida, alla ricerca di una leadership riconosciuta dalle varie componenti, sul fronte di quello che si delinea come un centro-sinistra sempre più mobile, un tempo si sarebbe detto “a geometrie variabili, si registra un insolito attivismo convulsivo del PD.

Il Mezzogiorno ha battuto il record della disoccupazione in Italia, con la Calabria, che detiene il triste primato di regione più povera d’Italia, la Campania, dove la disoccupazione giovanile ha toccato punte vertiginose.

Ma c’è un Mezzogiorno che è molto più forte delle paure che una certa storiografia e lettura politica continua a presentarci.

Ma i problemi ci sono, li conosciamo, attanagliano le coscienze di ognuno di noi e devono essere prioritari. Nessuno deve far finta che i problemi non esistano, vanno dal gap infrastrutturale alla lotta senza quartiere della criminalità.

Il Mezzogiorno, assente eccellente nell’agenda politica di un Paese Italia profondamente lacerato al suo interno, ormai senza un orizzonte unitario, si ritrova ad essere denunciato nei suoi mali, vecchi e nuovi, da chi rappresenta al massimo vertice il governo del Paese, senza che sia prospettata una visione della soluzione dei problemi denunciati.

Stigma tangibile di questi tempi confusi che invece necessitano di ritrovare le giuste misure per ricucire quello strappo vergognoso che è il gap Nord/Sud di quest’Italia oggi più che mai irriconoscibile.

Dove il Mezzogiorno rischia di non esserci più, dove il Sud è soltanto terra di conquista, campo di battaglia di “scontro” elettorale, conteso per essere serbatoio elettorale di chi non ha nessun progetto per un Meridione che si ritrova solo con se stesso, senza rappresentanza.

Allora, eccoli scendere, dal Nord della storia, i nuovi conquistatori che guardano al “passaggio a Sud” come l’inevitabile valico per la conquista, o la riconquista, del potere.

Nel frattempo il Paese si astiene, tra rabbia e disinganno, che non è l’altra faccia del consenso, di protesta indirizzata ad una classe politica che si propone di proiettare l’Italia nel futuro, ma intanto è incapace di essere governo del difficile presente.

Siamo in assenza di un disegno per il futuro, di una classe dirigente che orienti il timone di un Paese che va sempre più alla deriva.

Troppi illusionisti si aggirano per un Sud disilluso e disincantato, ma il tempo dei giochi di prestigio sembra volgere alla fine e qualcuno sembra già essersene accorto in anticipo.

di Emilio Del Lorenzo