Anche negli sviluppi di una tragedia sanguinosa come la guerra in Ucraina può capitare –forse solo in Italia – che vicende molto banali vengano a complicare la comprensione degli eventi, se non a comprometterne un possibile esito positivo. Nel caso che stiamo per esaminare, l’intreccio fra politica, diplomazia e comunicazione ha ulteriormente contribuito ad ostacolare la ricerca della verità su una questione particolarmente delicata. I fatti sono noti ma vanno collegati per dar loro una parvenza di logica. Mercoledì scorso il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è a New York per partecipare ad una iniziativa dell’Onu sui rischi di una possibile carestia provocata dal blocco delle esportazioni di cereali ucraini a causa della guerra. Giovedì i giornali italiani ne danno notizia senza particolare enfasi, tranne “la Repubblica” che lancia in prima pagina un titolone su un “piano” italiano per la tregua presentato al Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres: un documento in quattro punti, il primo dei quali sarebbe il cessare il fuoco da negoziare “mentre sono in corso i combattimenti”. Clamoroso! Lo scoop del giornale diretto da Maurizio Molinari svela un protagonismo della diplomazia italiana che fa impallidire i ripetuti tentativi di Macron e di altri leader europei di fare breccia nella indisponibilità russa alla trattativa rilanciando il dialogo fra le due captali in guerra. Ma basta aspettare poche ore per ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. Il presidente del Consiglio Mario Draghi va in Parlamento (prima al Senato, poi alla Camera) per l’annunciata “informativa sui principali aspetti legati alla guerra in Ucraina”, e del “piano del governo italiano” non fa alcun cenno: il cessate il fuoco è “un’aspirazione europea”, ma l’unica pace possibile sarà quella ritenuta accettabile dall’Ucraina. Poco dopo il consigliere di Zelensky Mikhailo Podolyak scrive in un twitter che “un cessate il fuoco è impossibile senza il ritiro totale delle truppe russe”. Gelo sulla trattativa e sulla mediazione italiana, dunque; ma c’è dell’altro, perché passano altre, poche, ore e a sorpresa Draghi convoca il Governo per chiedere l’autorizzazione a porre la questione di fiducia sulla legge sulla concorrenza che giace alle Camere da sei mesi e deve essere approvata prima delle amministrative. Che si terranno il 12 giugno, quindi tutta questa urgenza non c’è. Sta di fatto che, siccome Draghi fa capire che se non si fa come dice lui c’è la crisi di governo (per le licenze dei balneari?) l’indomani, cioè ieri mattina, i giornali sono pieni della sfuriata del Presidente contro i patiti riottosi, e la trattativa di pace passa in secondo piano. Ne parlano – tranne “Repubblica” – solo un paio di quotidiani, in poche righe. In compenso Molinari mette a pagina 26 la minaccia di crisi che ha sgonfiato lo scoop della vigilia. Anche Di Maio offre una versione alquanto ridimensionata del piano italiano nella conferenza stampa conclusiva dei lavori del Consiglio d’Europa a Torino: parla di una “proposta” che deve partire “dalle disponibilità dell’Ucraina”. “Repubblica” informa che il Segretario dell’Onu ha dedicato mezz’ora alla questione, si è dimostrato “molto interessato”, ha fatto “molte domande” ma “senza sbilanciarsi”. Da Mosca il portavoce di Putin ha detto di non saperne nulla, ma che naturalmente “la partecipazione di chiunque possa aiutare a raggiungere un accordo è benvenuta”. L’unico dialogo di cui si sa è quello avviato tra i due generali Usa e russo (i russi continuano a parlare nonostante che sui giornali occidentali li diano per morti o moribondi). Infine, in collegamento con la riunione dei ministri del Consiglio d’Europa il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha espresso “grande apprezzamento” per l’azione della presidenza italiana e “per la pronta risposta all’aggressione russa”. Tutto qui.
di Guido Bossa