Trattativa Stato-Mafia, assolto Mancino. Le dichiarazioni a caldo

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Di Guido Bossa

“Un’accusa ingiusta, costruita su un teorema, che non teneva conto del mio operato come ministro e come difensore dello Stato nella lotta alla mafia”. Mi ha pesato andare a processo insieme ai mafiosi, che ho sempre combattuto

“Mi sono difeso da un’accusa che ritenevo ingiusta, costruita su un teorema, senza riscontri con la realtà, almeno per quanto riguarda me. Guai a pensare che lo Stato scenda a compromessi con la malavita organizzata. Io ho combattuto la mafia con grande determinazione da Ministro dell’Interno così come ho sempre combattuto la camorra nella mia regione”. E’ soddisfatto, Nicola Mancino, al termine di una giornata al cardiopalma, iniziata nell’attesa angosciosa della sentenza della Corte di Assise di Palermo e proseguita poi all’insegna della soddisfazione per una sentenza assolutoria che sembra definitiva, anche alla luce delle pesanti condanne comminate ai principali imputati del processo.

Che cosa le è pesato di più in questi anni?

L’essere portato in giudizio insieme ai capimafia più efferati. Io li ho sempre combattuti, e mi sono trovato a subire un processo insieme a loro. Ricordo che Riina fu arrestato sei mesi dopo il mio insediamento al Viminale, e in quel periodo non mancarono certamente le mie sollecitazioni agli investigatori per assicurare alla giustizia il capo di Cosa nostra.

Come può riassumere la sua attività  di ministro dell’Interno?

Ho sempre servito lo Stato con disciplina e onore, come prescrive la Costituzione, e mi sono trovato coinvolto in una vicenda che non teneva conto del mio passato e di dati di fatto oggettivi. Credo che difendendo me ho difeso anche la correttezza degli organi dello Stato che ho guidato nel tempo. Pensi che i rappresentanti dell’accusa si sono lamentati anche della produzione documentaria che ho presentato per motivare la mia posizione. Le sembrano poca cosa 54 Comuni sciolti per mafia, l’istituzione della superprocura, i numerosi interventi in parlamento e nelle commissioni antimafia? La mia volontà è stata sempre contro qualsiasi attenuazione degli strumenti di repressione del fenomeno mafioso.  Altro che morbido, come mi si è voluto rappresentare!   

 

 

Eppure l’accusa che le è stata mossa era di falsa testimonianza.

Devo ricordare che Il Gup Morosini nel suo rinvio a giudizio scrisse testualmente che  la memoria del P.M. non affrontava neppure il tema delle fonti di prova, onere che non poteva dirsi assolto da un generico rinvio alle scarne indicazioni di richiesta di mandarmi a giudizio. Dunque, un processo che, semmai, avrebbe dovuto svolgersi davanti al giudice monocratico,  per chiuderlo in fretta. E invece ho dovuto aspettare cinque anni, nei quali la mia sorte giudiziaria è stata accomunata a quella di criminali efferati!

Lei ha sempre negato di aver saputo di una trattativa fra organi dello Stato e la mafia. Alla luce della sentenza di oggi cosa ne pensa?

Ripeto che non ho mai saputo che organi dello Stato trattassero con i mafiosi. Se ne fossi stato a conoscenza l’avrei denunciato in Palamento. Lo stesso ministro della Giustizia Martelli, mio collega di governo,  ha sempre detto di non sapere nulla di una trattativa Stato-mafia. La mia divergenza di opinioni con lui riguardava solo l’attività investigativa del Ros dei carabinieri, che secondo lui era venuta a cessare con l’istituzione della Dia, cosa non vera. Ma ricordo in proposito che fu proprio per mia iniziativa che la Dia entrò in funzione con due anni di anticipo.

Si è detto che nella Corte di Assise di Palermo lo Stato processava lo Stato. La sua opinione?

E’ un argomento di grande portata, che non si può risolvere con una battuta. Il processo non si è concluso oggi e non lo conosciamo ancora per intero. Certo, sono convinto che fra poteri dello Stato ci debba essere sempre un rapporto di grande rispetto.