Troppi nodi da sciogliere

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L’accordo di governo tra il M5S e il PD stenta a trasformarsi in un’alleanza stabile sia per la ambiguità dei grillini a trovare la strada scegliendo tra movimento e partito che, per di più, sta al governo del Paese, sia perché il M5S –avendo quasi il doppio dei parlamentari rispetto al PD- vorrebbe imporre il suo programma che si muove tra l’ideologia anticasta e il populismo. Forte dell’esperienza del sodalizio con la Lega e della vittoria dei SI al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari non vorrebbero farsi risucchiare dal PD e perdere ulteriori consensi. Non tiene conto che il rapporto di forza nel Paese è cambiato a favore del PD che ha più consensi. Si è creata’ una situazione di stallo nella quale si ha l’impressione che Zingaretti stia in surplace aspettando uno scatto di Conte che non arriva e subendo le resistenze deli cinque stelle (vedi da ultimo il ripensamento sulle modifiche dei decreti di sicurezza già concordati con la ministra Lamorgese). Pertanto il cambiamento di passo e l’accelerazione per la preparazione dei progetti per lo sviluppo e il rilancio dell’economia per il quale l’Europa ci darebbe una mano, trova un ingiustificato stallo. E’ ora che Zingaretti si faccia sentire e faccia valere le ragioni del PD. Anche i patti di governo possono e devono subire modifiche e variazioni se cambia il contesto politico che li ha determinati. Tre sono i nodi più importanti da sciogliere, ed in breve, senza subire annacquamenti. Innanzitutto la nuova legge elettorale che deve sancire la democrazia parlamentare secondo i dettati della Costituzione. C’è un accordo Di Maio Zingaretti sul varo di una legge proporzionale sul tipo tedesco con la soglia di accesso al 5% e senza altri dettagli, anche se il M5S, Italia Viva e molti esponenti di primo piano dello stesso PD e gran parte della società civile e della cultura hanno dichiarata la propria contrarietà alle liste bloccate e si sono espressi per il voto di preferenza (uno o due se di genere). Gli elettori, poi, in tante occasioni hanno reclamato il diritto di scegliersi i candidati, da ultimo nelle recenti elezioni regionali nelle quali (in Puglia e in Toscana) hanno votato contro le indicazioni dei partiti. Zingaretti dovrebbe rivedere le proprie convinzioni o portarle alla discussione e approvazione degli iscritti. Non si capisce perché i partiti si oppongano al sistema del doppio turno di collegio alla francese che garantirebbe agli elettori la scelta dei propri rappresentanti ed una maggioranza stabile. Misteri della politica che quasi mai ha di mira l’interesse nazionale! Altro nodo è il MES: 37 miliardi a tasso zero da utilizzare per la riorganizzazione e il potenziamento della Sanità che il M5S si ostina a osteggiare più per demagogico populismo, che per l’utilità dell’Italia che tutti riconoscono. Sui progetti, poi, da presentare alla Giunta dell’E.U. si continua a menare il can per l’aia mentre le richieste interessate di vari gruppi di potere si fanno sempre più pressanti. Bisognerebbe ascoltare il Comitato di esperti e non disperdere i fondi in mille rivoli o in opere faraoniche come il ventilato Ponte sullo stretto che eguaglierebbe i disastri del Mose. In più è necessario fare chiarezza sulle riforme a costo zero (burocrazia, riordino delle Istituzioni, leggi chiare con test unici abrogative dei duplicati e triplicati, ecc.) che dovrebbero accompagnare e favorire la ripresa. Infine l’emergenza per il Covid 19 che sta aumentando i contagi anche al Sud, dove la Campania ha superato la Lombardia, il Veneto e il Piemonte, coinvolgimento le opposizioni e le Regioni evitando che ognuna possa andare per conto proprio, nel principio che la salute viene prima di tutto e che è preliminare alla stessa economia. Il premier Conte dovrebbe accelerare il passo e guidare il cambiamento con più decisione. Se non ci riesce si faccia da parte e si apra una crisi che non necessariamente dovrebbe portare alle elezioni anticipate ma ad un nuovo e più incisivo accordo di governo.

di Nino Lanzetta