Una democrazia più debole

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Non c’è stata la spallata anti-governativa, né lo sfondamento leghista. I grillini hanno pagato lo scotto di contraddizioni e di scelte isolazioniste. Non è facile cercare, ora, di capire se e quali conseguenze avrà il voto, specialmente sugli assetti governativi. Nelle prossime settimane, i commentatori politici avranno tempo e modo di sbizzarrirsi. In attesa, un dato appare incontestabile: la democrazia italiana esce più debole dal furbesco voto “2 in 1” voluto inopportunamente dalla maggioranza di governo. Questa invenzione ha determinato, soprattutto nelle regioni interessate dal voto grazie alla spinta di candidati e di partiti, una polarizzazione dell’attenzione collettiva verso le regionali. Il tutto a spese dell’appuntamento referendario. Nel corso della campagna per le elezioni regionali abbiamo “visto cose che voi umani non potete immaginare”. Innanzitutto la pletora di liste civiche o personalistiche, indicative della crescente frammentazione del consenso che i partiti – ormai federazioni di “cacicchi” – non riescono più ad arginare. I governatori uscenti sono dotati ormai di un potere autarchico che va al di là degli stretti confini democratici. Essi hanno sostenuto e anzi incentivato tali liste, dietro e dentro le quali si nascondono spesso contrattazioni non rivelabili. Perciò sottratte al controllo degli elettori! Numerosi poi i casi di persone che – non candidate dal loro partito – hanno trovato pronta ospitalità in altre liste! Non è mancata neppure la ormai consueta e inutile denuncia da parte della Commissione antimafia circa i cosiddetti “impresentabili”, ipocrita e inutile foglia di fico! Abbiamo visto fondi distribuiti a pioggia dai governatori sotto forma di bonus, addirittura in piena campagna elettorale. Così come ignominiosi casi di trasformismo, con esponenti di un partito che hanno assicurato consensi a candidati di altro orientamento politico. Insomma, un guazzabuglio di vicende che certo non hanno contribuito a riavvicinare la gente alla politica. Soprattutto, la “furbata” dell’abbinamento elettorale ha portato al poco confortante risultato di un referendum – importante per la nostra democrazia – sul quale il dibattito pubblico è stato frammentario e insufficiente. Non sono mancate le stranezze, a cominciare da una campagna elettorale settembrina, e quindi brevissima, al premier che, infrangendo un costume di obbligata terzietà, ha inopportunamente annunciato il suo “si”. Ancora una volta, tuttavia, gli italiani hanno dimostrato una scarsa attenzione verso le questioni fondamentali della nostra democrazia. Come se non fossero passati tanti anni dalla fondazione della repubblica! Anche stavolta gli elettori si sono lasciati convincere da pulsioni populiste immediate di poco respiro. Con il Parlamento guardato non come vero presidio delle libertà collettive, ma con sospetto. Perciò da punire! Durante la cosiddetta prima Repubblica, con le varie stagioni politiche – il centrismo, poi il centro-sinistra, infine la solidarietà nazionale – le classi dirigenti fecero tutti gli sforzi possibili per accrescere la partecipazione alla vita parlamentare e governativa di ceti sociali e di partiti prima esclusi. E lo fecero per rendere più solide le fondamenta della convivenza civile! Oggi questo voto referendario non mina le basi della nostra democrazia. Però certamente renderà più fragile e meno completa la rappresentatività delle Camere. Il voto degli abitanti nelle Regioni a statuto speciale avrà, ingiustamente, un valore maggiore che nelle altre. I partiti minori saranno penalizzati. Per formare gli ampi collegi previsti, in futuro le province e i territori meno popolosi saranno abbinati a quelli più popolosi. E perciò difficilmente, in molti casi, avranno propri rappresentanti. La faranno da padroni i parlamentari dei territori metropolitani e urbani! Ora, c’è solo da sperare che vengano rapidamente individuati (e non sarà facile) i possibili correttivi ai tanti inconvenienti di questa affrettata riduzione del numero dei parlamentari. Ma sarà anche possibile, data la notevole litigiosità tra le forze di mggioranza e la minore capacità attrattiva dei partiti? Francamente, c’è da dubitarne !

di Erio Matteo