Avellino e il restauro urbano

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Di Pino Bartoli 

Il prossimo scontro sarà sulla destinazione da assegnare agli ex ospedali. Non conosciamo le intenzioni dei contendenti ma è sicuro: lo scontro avverrà, visto che di referendum popolare non se ne parla proprio, tra l’indifferenza della quasi totalità degli avellinesi, con buona pace del concetto di partecipazione dal basso; unica eccezione qualche residente della zona e i commercianti, interessati esclusivamente all’incremento delle vendite. Nell’attesa che amministrazioni dello Stato dirimano le controversie sulla proprietà degli immobili, c’è già la certezza che Avellino perderà un’altra occasione per avviare un vero e proprio restauro urbano e dotarsi di strutture moderne e funzionali ad esclusivo vantaggio della città e non di enti, istituzioni o affaristi. Per il complesso dei Platani si prospettano trasformazioni che congestioneranno ancora di più l’area. Non si capisce che le dimensioni, la saturazione degli spazi di pertinenza attuata nel tempo per dotarsi di nuovi padiglioni e la robusta recinzione in pietra, hanno allontanato dal centro l’ultimo tratto di via Colombo e della zona retrostante. Nessuno propone, per rimuovere l’inconveniente, di riqualificare l’intera area omogenizzandola con la città e attrezzandola con servizi e attività da realizzare su più livelli interrati, lasciando libero in superficie quanto più spazio è possibile per avere una vera piazza, dove esercitare il commercio, promuovere la socializzazione, ritrovarsi. E poi gli architetti avellinesi potrebbero impegnarsi nell’essenza primaria dell’architettura, quella della funzionalità, della razionalità e della progettazione di uno spazio per buona parte interno, fuggendo le forme ammaliatrici del tardo Rinascimento tanto amate dai funzionari della Soprintendenza e dal Clero cittadino. Più complicato il discorso per il Maffucci. Il complesso, oramai raggiunto dalla città, conserva, a differenza dell’altro, quasi integre le forme originarie e gli spazi di pertinenza. Ben costruito e soprattutto ben progettato, ma per una funzione che oggi non è più richiesta, è, per queste qualità, di difficile ricollocazione. Nacque infatti come sanatorio antitubercolare e fu disegnato per offrire ai degenti cure elioterapiche. Lo testimonia la salubrità della zona, la facciata soleggiata per l’intera giornata, le ampie e continue balconate dove passeggiare in pieno sole respirando aria pura e le alte camere, correttamente illuminate ed areate con infissi dalle dimensioni idonee. Ebbene questa magnifica struttura prima che fosse chiusa, fu destinata, che pensata, a reparto di geriatria ed i vecchietti, si sa, di sole non ne possono prendere troppo. L’ho visitato questo reparto quando funzionava. Tutti chiusi un camera con le imposte chiuse. Sarà destinato, ci dicono, ad uffici sanitari e servizi ma, vedrete, che dopo questa rivelazione ci sarà qualche amministratore, ne abbiamo di capaci in uscite del genere, che proporrà un centro abbronzante comunale.