Cambiar e si può, si deve 

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1953

Quanta mestizia. Viviamo una condizione difficile. Nella quale il pudore, il valore della comunità, l’altruismo, l’obiettivo del bene comune diventano sempre più lontani traguardi. Diversi i tempi della passione civile, dell’amore per la provincia, della politica con lo sguardo rivolto alle grandi questioni che legavano città e provincia alle difficili sfide del futuro. In Irpinia, ormai, siamo giunti ad un limite insopportabile.
I segnali che si registrano in questi ultimi tempi sono davvero preoccupanti. Penso che senza una grande rivoluzione culturale, che deve avere fondamento nella questione morale, i tempi a venire saranno di una oscurità barbara e selvaggia.
La provincia ha perso la sua unitarietà. Pezzi di territorio si vanno organizzando autonomamente, diventando servili a raccoglitori di consenso che, nella loro mediocrità, snaturano la difesa complessiva del territorio. Il trasformismo è solo una delle facce del decadimento. Ad una classe dirigente di indiscutibile valore, pur con tutti i suoi limiti, si va sostituendo un diffuso senso di neocolonialismo che irrompe prepotentemente sulla scena politica. Non c’ è novità. I servi di ieri sono i servi di oggi. Cambiano spudoratamente casacca mortificando la civiltà dell’impegno politico. Il “caso” di recenti acquisti è emblematico di un modo che fa capire come la politica abbia sempre più lo sguardo rivolto al passato, priva di una vera classe dirigente. Oggi importa mettere insieme spezzoni di potere marcio, quegli stessi che hanno scritto le pagine peggiori dell’Irpinia e di Avellino. Le istituzioni, a cominciare dal Comune capoluogo, sono prigioniere di una logica clientelare, affaristica, collusa a volte con i poteri criminali. Le inchieste avviate dalla Procura della Repubblica di Avellino, dicono molto di più di quella cancrena che mina la civiltà di un tempo.
In questo quadro dalle tinte fosche un ruolo determinante svolgono coloro che, pur senza metterci la faccia, manovrano perché i segni della civiltà siano cancellati. Non ho timore. Parlo delle clientele fatte con i tanti precari impiegatii, per le diverse funzioni, al Comune di Avellino. Esse fanno riferimento a chi sta consumando veramente il bottino della città.Personaggi che per pudore e dignità, dovrebbero essere emarginati. Sono invece punte di clientela di chi appare molto sbrigativo nei confronti di una vera questione morale. La vicenda del teatro “Gesualdo” di Avellino, che si trascina da oltre un anno, è emblematica di una palese disamministrazione del Comune capoluogo, il cui sindaco non riesce a liberarsi da vincoli che lo tengono ostaggio (o complice?) di perverse logiche. Quando un vescovo, don Arturo Aiello, arriva a dire che per rianimare la città c’è bisogno di “viagra”, allora si capisce bene e meglio che manca davvero poco per raggiungere il fondo. Il “Gesualdo”, ma non solo. Emblematica è anche la vicenda della metropolitana leggera.
Il centro cittadino è stato invaso da pali che hanno creato allarme alla sicurezza dei cittadini. Anni fa furono anche acquistati i mezzi di trasporto. Per essi si pagano somme per l’ assicurazione, sebbene non siano funzionanti. Non solo. Gli stessi bus sono obsoleti. Come obsoleta è la logica per cui la metropolitana fu progettata. Non c’è il criterio del riammagliamento del centro con le periferie, sempre più emarginate. Chi paga? C’è forse oggi una accertata e perseguibile reale responsabilità? Neanche a pensarci. C’è di più. E’ davvero triste, e quasi inimmaginabile, che la provincia, che ha nel suo seno la maggiore risorsa idrica in Europa, costringa i suoi abitanti a subire una emergenza del tutto inspiegabile. Non dicano che le sorgenti sono a secco. E’ anche vero. Ma la questione morale esige onestà: l’acqua ci è stata scippata. Da Berlusconi e Fitto, complice Tremonti, nella totale assenza dei potenti di turno alla Regione Campania. E così siamo tornati ai tempi dei cafoni col cappello in mano, pronti ad elemosinare sacrosanti diritti negati. L’Irpinia è stata deufradata dalla Puglia, e Serino dalla metropoli napoletana. E da noi, capitale dei bacini acquiferi in Europa, i rubinetti sono a secco. Sì, perchè l’Alto Calore, ieri com e oggi, fatta eccezione per la grande intuizione che ebbe la buonanima di Fiorentino Sullo, è diventato un grande carrozzone della malapolitica. Che si esercita attraverso funzionari fedeli supestipendiati, faccendieri di vario tipo, consulenti di ieri e di oggi ben retribuiti, scandali di varia natura che hanno riguardato appalti e mazzette. Rigonfio di personale, quasi sempre frutto del voto di scambio, oggi l’Alto Calore è responsabile di una rete idrica fatiscente per la quale si perde oltre il quaranta per cento della risorsa utilizzabile. Potremmo andare avanti con esempi di questo tipo che ci dicono come sia urgente e necessario approdare al valore della questione morale. Per riaffermarlo occorre grande passione civile. Desiderio di credere affinchè questo squallido panorama diventi ricordo di un amaro passato. Fra meno di un anno si svolgeranno in Irpinia e in città due appuntamenti importantissimi: la elezione della rappresentanza irpina al Parlamento nazionale, quella del sindaco e del consiglio comunale di Avellino e di alcuni Comuni della provincia. Io penso che queste scadenze non debbano essere sottovalutate, ma che invece debbano essere la grande occasione di rinnovamento morale della società irpina. A cominciare dalle scelte che andrà a fare il Partito democratico, oggi travolto da una crisi di identità. Si faccia subito il congresso per uscire dagli equivoci. La questione del tesseramento inquinato è solo vecchia politica che ci riporta con la mente ai tempi napoletani dello strapotere di Gava. E’ immondo, lo dico senza riserve, che un partito sia commissariato, delegittimando la rappresentanza provinciale. E’ straordinariamente indecente il fatto che i signori delle tessere si presentino, come è accaduto, con buste piene di soldi e di tessere per assicurarsi la gestione del partito. Che non discute dei problemi, che lascia andare tutto alla deriva nel segno di un individualismo sfrenato e inconcludente. Si riparta da qui. Ermini ha davanti a sè una sola regola: consentire che il congresso si svolga nella piena legittimità e nei tempi necessari per selezionare la classe parlamentare del futuro. Non si presti a giochetti. Il suo ruolo è di garanzia nella pulizia più assoluta. Naturalmente la scelta vale anche per gli altri soggetti politici che oggi, spesso rinnegando la propria storia sono alla ricerca di zattere su cui salire per riaffermare il potere del trasformismo e del nepotismo. In ogni caso dalla scelte congressuale del Pd dipende anche il futuro del governo della città, salvo che il libero esercizio dell’espressione del voto non ridimensioni il renzismo in città. Sia il congresso l’occasione per ripensare al ruolo di Avellino e dell‘Irpinia. Si svolga per perseguire il bene comune, per far emergere e selezionare una nuova classe dirigente, che non abbia il fetore del passato, ma la luminosità del futuro. Si torni al valore della questione morale e si mandino alle ortiche chi è contro di essa. Per il bene dell’Irpinia e di Avellino.

di Gianni Festa edito del Quotidiano del Sud