La lezione di Don Michele, Padre Innocenzo e Don Ferdinando: i loro frutti vivono. La fede come pratica concreta, al servizio degli ultimi

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Tre uomini di fede, capaci sempre di essere al fianco degli ultimi, di tradurre la propria spiritualità in carità e azione concreta. E’ la lezione di don Ferdinando Renzulli, Padre Innocenzo Massaro e don Michele Grella a rivivere  nel corso di un convegno, promosso dall’associazione Roseto e dalla famiglia francescana di Santa Maria delle Grazie, tenutosi questo pomeriggio nell’auditorium del Roseto, moderato da Pasquale Luca Nacca di Insieme per Avellino. E’ l’avvocato Innocenzo Massaro, nipote di Padre Innocenzo, dell’associazione Roseto a sottolineare lo spessore delle tre figure “Hanno operato nello stesso momento storico, a partire dagli anni ’60 e ciascuno ha svolto il proprio ministero nel segno del proprio Dna. Nell’incontro di oggi abbiamo provato ad offrire una lettura sinottica dei loro percorsi. Ad accomunarli erano l’attenzione ai giovani e l’amore, cifra distintiva del loro impegno. Hanno messo Cristo, la Chiesa e il gregge loro affidato al centro della loro missione pastorale. La mia vita ha incrociato quella di tutti e tre, sono cresciuto con don Michele nella comunità di San Ciro, seguivo la rubrica televisiva curata da don Ferdinando, ancora più stretto il legame con Padre Innocenzo che era mio zio”.

Fra Gianluca Manganelli Ofm Cappuccini spiega come “Ciascuno di loro ha avuto un ruolo decisivo nella mia vita. Da ragazzo ci fermavamo spesso alla chiesa di San Ciro per ascoltare le omelie di Don Michele ed ero tra i giovani che accompagnavano Don Ferdinando nella sua trasmissione. Quanto alla lezione di Padre Innocenzo, è alla base della mia vocazione. Don Ferdinando, Padre Innocenzo e don Michele sono stati strumenti nelle mani di Dio, la parola è diventata con loro pratica concreta, questi tre uomini semplici hanno portato il Vangelo a tutti in maniera efficace”. Ricorda come “Padre Innocenzo era un sognatore, capace di leggere il momento storico ma anche di guardare oltre  con carisma profetico. Un carisma che oggi è venuto meno, in un tempo in cui prevalgono le illusioni mentre i sognatori sono sempre mossi dalla grazia. Ma Padre Innocenzo è stato anche un Frate innamorato, lo chiamavano ‘frate fuoco’ per l’impeto con cui predicava il Vangelo, discepolo autentico di San Francesco. Nell’ascoltarlo si restava bruciati dalle sue parole, la sua anima ardeva perchè in contatto con la presenza di Dio. Al tempo stesso, era un pastore, ha protetto come una chioccia i suoi pulcini ma li incoraggiava anche muovere i passi lontano da lui. Unità e fraternità guidavano il suo cammino, come una mamma che rammenta i calzini, faceva di tutto per tenere uniti i lembi della fraternità francescana, ha cercato di vivere in pienezza la vocazione sacerdotale. E’ stato pellegrino e forestiero, capace di sperimentare le sofferenze della vecchiaia sulla propria pelle”.

E’, invece, la professoressa Teresa Colace, della parrocchia di San Ciro, vedova di Gennaro Bellizzi a ripercorrere la lezione di  don Michele Grella “L’annuncio diventava in lui speranza, impegno civile  e riscatto sociale. Ha reso vive le parole di Cristo traducendole in esperienza quotidiana, dapprima in un orfanotrofio e poi nelle aree più degradate della città, da Fosso Santa Lucia  a Sant’Antonio Abate. Vi portava i giovani, perchè facessero doposcuola ai bambini poveri. Poi, ha cominciato a costruire una chiesa e insieme lo spazio di una comunità, recuperando l’identità del popolo di Dio. Radunava i giovani, cercava di canalizzare le esigenze di cambiamento che arrivavano dai fermenti del ’68 e dal Concilio Vaticano II e parlava con i giovani di pace, intesa non solo come assenza di guerra ma come capacità di accettare il proprio ruolo fondamentale nella dimensione sociale”. Quindi si sofferma sulla sua esperienza personale “Don Michele è stato il cuore del mio percorso di fede, della mia vita matrimoniale, insieme a mio marito lo abbiamo scelto perchè ci ha coinvolto, abbiamo messo le nostre competenze al servizio degli altri e abbiamo fatto una scelta controcorrente, decidendo di avere tanti figli, perseguendo con coerenza la fedeltà nel matrimonio. E’ stato il nostro modo di accogliere la vita proprio come lui accoglieva tutti nella sua comunità, a partire dagli ultimi”

Al sociologo Paolo Matarazzo il compito di consegnare una testimonianza di don Ferdinando “Era l’uomo delle periferie, sempre in uscita, sempre al fianco ma mai in silenzio, sapeva chiedere. Non smetteva mai di chiedere per le sue attività pastoriali ovunque si trovasse, leale con tutti. Tanti i progetti portati avanti, dal centro anziani al Teatro d’Europa, proteggeva ragazze vittime di violenza ospitandole in miniappartamenti, entrava come volontario nelle carceri convinto che la riabilitazione fosse possibile. E stato un precursore, capace di lasciare tracce profonde in chi lo incontrava, di rispondere ai bisogni concreti con le opere. Sono convinto che, anche oggi, andando via, non saremo più gli stessi”. E annuncia l’omaggio che gli renderà la diocesi il 5 maggio, nell’anniversario della morte, con la presentazione di un volume a lui dedicato

Floriana Guerriero