Europa, divergenze e vuoto di idee

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Ormai i due livelli del dibattito politico si intrecciano sempre di più. Accanto al fatto c’è l’interpretazione politica che lo trasforma. Possiamo prendere ad esempio la vicenda dei migranti, dell’economia, del rapporto con l’Europa. Ogni questione viene affrontata e piegata alla convenienza del politico e l’elettore perde di vista la realtà, la vede trasformarsi. Davanti ai nostri occhi da tempo assistiamo alle scene degli sbarchi ad esempio è anziché trovare una soluzione che dia una dimensione reale al problema i nostri politici usano la questione solo come propaganda. L’arresto e poi la decisione di liberare la capitana della Sea Watch Carola Rackete ne è l’esempio perfetto. Sulla banchina di Lampedusa la gente si è divisa come nelle curve degli stadi tra insulti e applausi. Un paese che ormai non riflette ma tifa. E così Salvini e Meloni si rincorrono a chi è più sovranista nel difendere i confini della Patria e l’opposizione che è stata al governo fino ad un anno fa, sale a bordo della nave di questi disperati per esprimere solidarietà e vicinanza. Il fatto è naturalmente diverso, non c’è nessuna invasione, nessuna emergenza epocale. Si usa la vicenda migranti per alimentare paure e insicurezze e ricavarne un consenso immediato. L’operazione può avere successo, ma un Paese cresce se le forze politiche hanno il coraggio di dire la verità altrimenti il successo è effimero. Identica seppur con problematiche diverse è anche la vicenda economica. La trattativa con Bruxelles sui conti pubblici procede tra strappi ed aperture. Il governo giallo-verde è diviso tra la parte più dialogante incarnata da Conte e Tria e quella più intransigente di Salvini. Risultato si perde di vista l’obiettivo che è quello di come il nostro Paese tra i soci fondatori dell’Unione, sta in Europa, se ci crede o meno e si ragiona prevalentemente sui numeri e si continua ad illudere l’opinione pubblica con false promesse come l’abbassamento delle tasse. L’Europa resta infatti la nostra “casa” e dovremmo renderla più comoda ed accogliente non demolirla ogni giorno e dipingerla come una matrigna.  Il nostro periodo migliore, quello degli anni cinquanta quando esplose il boom economico, coincise con un rapporto strettissimo con l’Europa industrializzata e con l’adesione italiana al Mercato Comune Europeo stimolando la produzione attraverso l’allargamento degli scambi. Dalla meta degli anni cinquanta agli inizi del sessanta la ricchezza italiana è aumentata più che in tutto il secolo precedente. All’origine del boom vi fu l’alta competitività dei prodotti italiani sui mercati stranieri, resa possibile dal contenuto prelievo fiscale e dal basso costo del lavoro.  Oggi viviamo in  un’altra epoca. L’Italia e il mondo occidentale sono ancora sotto gli effetti negativi di una crisi economica globale. Il nostro paese a causa di un elevato debito pubblico fa più fatica rispetto agli altri. Il governo ha evitato la procedura d‘infrazione che verrà rinviata di qualche mese fino all’esame autunnale dei conti pubblici. I problemi però sono comunque tanti e le ricette per risolverli portano ancora una volta più verso la propaganda che verso la soluzione. E così torniamo al nostro ruolo in Europa. Sulle ultime nomine europee come ha scritto Antonio Polito noi ci siamo seduti con Budapest e Varsavia ma l’asse Berlino-Parigi conta ancora di più e ha battuto un colpo a Bruxelles con la francese Lagarde alla BCE e la tedesca Von der Leyen alla Commissione ma lasciandosi dietro ferite e tensioni. E’ resuscitato solo per spartirsi le due cariche più importanti. Ma ha lasciato intatto il vuoto di idee e le divergenze di strategie che impediscono un rilancio del progetto europeo. Molte poltrone e poche soluzioni. E’ questo oggi, purtroppo, il volto dell’Europa.

di Andrea Covotta