Giustizia e dintorni: Cospito e lo scaricabarile

A cura dell'avvocato Gerardo Di Martino

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Anni trascorsi a ribadire la necessità di recuperare lo spazio vitale della politica rispetto alla magistratura ed in una delle rare occasioni in cui poteva limpidamente segnare un confine e riappropriarsene, cosa succede? Che la politica delega alla magistratura ogni decisione.

Si tratta del caso dell’anarchico Cospito che rischia l’ergastolo e che è da oltre 100 giorni in sciopero della fame per protestare contro il regime del 41bis, la forma estrema del “carcere duro” cui è sottoposto.

Il Ministro della Giustizia, chiamato a riferire in Parlamento, si è detto contrario ad ogni decisione prima di quella che arriverà il 24 febbraio prossimo dalla Cassazione.

Ora, a parte l’evidente constatazione (e fatti i dovuti scongiuri) che a quell’udienza Cospito, per l’attuale stato di salute, potrebbe non arrivarci, la questione è eminentemente politica perché riguarda la necessità di contemperare interessi e valori diversi, dovendo bilanciare potestà punitiva, carcere, diritti e libertà fondamentali dell’Uomo.

D’altro canto, le prigioni sono un posto brutto e costituiscono il luogo sul quale gli Stati, anche i più evoluti, consentono di canalizzare i peggiori istinti. Per questo sarebbe stato necessario che la politica prendesse di petto il caso Cospito, mettendoci tutto dentro, compreso quel senso di umanità che al contrario gran parte dei parlamentari, quando si tratta di carcere, ritengono sempre attenuato.

Esattamente al contrario, si è invece giocato alla scaricabarile arrivando addirittura ad accusare di collaborazionismo Deputati e Senatori che hanno fatto accesso in carcere per misurare la salute di un sistema democratico.

C’è ancora tempo, poco per la verità.

Gerardo Di Martino