I partiti in mezzo al guado

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Mai, nella nostra storia repubblicana, si era vista una così rapida e prodigiosa trasformazione collettiva. Buona parte della nostra classe politica, litigiosissima e affamata  come un branco di lupi e sempre alla costante ricerca di prebende e di poltrone, sembra diventata un quasi indistinto gregge di mansueti agnellini. Desiderosi di seguire i comandi del nuovo premier incaricato. E perciò disponibili a sostenere il suo tentativo con un loro pieno ingresso nel suo governo. In questo quasi miracoloso cambiamento si sono ancora una volta distinti – per mancanza di senso della misura, per eccesso di teatralità e quindi per complessiva ipocrisia politica – i due Matteo nazionali. Il primo, il leader leghista, è stato nei giorni scorsi  protagonista di un’altra delle più stupefacenti e improvvisate conversioni ad U della sua già abbastanza incoerente carriera politica. Prima, la pretesa indipendenza della Padania. Quindi l’acceso spirito anti-meridionale (condito da invocazioni di altri terremoti nel napoletano!). Poi la piroetta della  massiccia offensiva al Sud, anch’essa fallita.  Ora, invogliato dall’uomo dell’establishment Giorgetti e spinto dalle imprese del Nord ansiose di godere di una parte della torta dei 209 miliardi, si è dichiarato perfino, dopo il colloquio di prammatica, “a disposizione di Draghi”. E ha concesso come pegno il voto favorevole in Europa al Recovery Plan. Vedremo se lo Spirito Santo europeista ha fatto il miracolo, anche se i toni nazionalisti di Salvini fanno dubitare della sua veridicità! Altrettanto poco convincente la performance del Renzi d’Arabia, favorevole a Draghi “a prescindere”. Il “Bomba” di Rignano (così chiamato dai suoi stessi amici perchè, fin da ragazzo, le sparava grosse) si è irresponsabilmente vantato, in piena pandemia, di essersi divertito a mettere tutti con le spalle al muro. E ora  si va proclamando padre putativo del governo Draghi. In effetti, invece, questa carta – rimasta coperta durante tutto il lungo e tortuoso sviluppo dei giochini renziani – è stata giocata al momento giusto e con efficacia, grazie alla lezione di alto profilo istituzionale impartita da Mattarella durante tutta la crisi.

La futura composizione dell’ esecutivo, al di là della sua definizione di governo del Presidente o di scopo, quasi certamente vedrà  un mix (sempre poco digeribile da parte dei partiti) di ministri politici e di (molti?) tecnici. Questo equilibrio segnerà comunque la fine della ricreazione. Con il ritorno dei valori della competenza. Della esperienza. E con la fine dell’ assurdo principio “uno vale uno” nella valutazione delle qualità professionali.

Draghi dovrà risolvere il paradosso : “I partiti sono in disaccordo tra di loro. Però si dichiarano d’accordo con Draghi. Come può essere Draghi d’accordo con i partiti?” Non sarà facile conciliare visioni quasi opposte, tra il Pd  sul fisco sostenitore della progressività e della richiesta Ue per il 37% a favore del Mezzogiorno e la Lega a favore della flat tax e  sostenitrice di una riduzione dei fondi al Sud. La maggior parte delle forze politiche sembra aver accettato – sia pure mugugnando – l’inevitabile, parziale perdita di ruolo conseguente all’ingresso in una maggioranza ampia”. Il Pd, indebolito anche dalla sfortunata vicenda dei “responsabili”, conserva la sua vocazione governativa. Sempre più priva, però, di contenuti comprensibili al di là della rivendicata vocazione europeista. Il M5S, alle prese con nuovi equilibri interni e percorso da forti tensioni, deve digerire la perdita di palazzo Chigi e l’arrivo di Draghi, Salvini e di Berlusconi. Con un Conte fortemente tentato di assumere la leadership grillina. Il centro-destra, infine, è diviso da tempo a causa della sostanziale avversione di Berlusconi (anche fisicamente tornato sulla scena politica) alla leadership estremista di Salvini. E deflagrato ora per l’improvvisa conversione governativa di quest’ultimo. Bocciata però dalla Meloni, ormai in aperta concorrenza con il fratello-coltello leghista!

In un panorama politico così parcellizzato  – che sarà messo a dura prova da competizioni amministrative varie – ci vorrà poco meno di un miracolo da parte di SuperMario per condurre la sua navicella in porto!

di Erio Matteo