Lettera per Antonio Luongo fratello di Armando

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Antonio, non so cosa dire e forse questa mia lettera sarà inutile.
Inutile come quando dopo una morte si prova a spiegare, a dare un senso, a giustificare, a ordinare. Perché la morte non ha niente da spiegare, nessun senso da offrire, niente da giustificare, niente da ordinare. Perché la morte squarcia ogni ordine, lo svuota, lo sbrana, lo ribalta.
Conosco bene la tua famiglia e conosco bene te.
Sofia, mia figlia, è stata tua compagna di scuola e mi diceva che eri un generoso, uno dal cuore d’oro, uno che difendeva sempre i più deboli. Ecco, ora ti toccherà difendere i tuoi nipoti: i figli di Armando, tuo fratello, ora diventano i tuoi figli.
La morte è una bruma opaca, è un vortice buio, strappa fiori alla terra. Eppure non dissolve mai del tutto la luce. La luce esiste, la luce insiste, la luce resiste; scala il sentiero del dolore, lo compone e ricomincia da capo. La luce è quella barra di timone che vira verso ciò che rimane, verso ciò che abbiamo il dovere di proteggere e di salvare. Abbiamo un dovere, Antonio. Non dimenticarlo mai! Il dovere di non consegnarci al silenzio, alla tormenta che disgrega, all’urto del male. Provare a forare la nebbia, credimi, si può.
Armando non è dietro l’ovatta delle nuvole, stanne certo.
Cammina nei tuoi passi, ti porterà per mano.

Di Monia Gaita