Caso movida, la riflessione del Prof. Caruso

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Di Pellegrino Caruso

Sono come tanti ancora scosso dalle immagini della movida di ieri sera per le vie del centro di Avellino. Già ero allergico a questa parola che non ci appartiene anche solo per confronto con ambienti di vero movimento di giovani presenti in citta’ europee di ampio respiro, ma ora sono rammaricato proprio come docente che si ferma a guardare le presunte forme di divertimento dei nostri ragazzi. Non riesco ad accettare che i nostri ragazzi rinnovino ancora cori da stadio obsoleti ed e’ ancora piu’ triste che il primo cittadino si sia lasciato andare insieme con loro, perdendo ogni ruolo istituzionale. Si sa che, a volte, per stare accanto ai ragazzi, occorre un po’ avvicinarsi al loro mondo, ma, come ci ha ricordato Masullo fino alla fine, ogni azione e’ legata anche alla ” situazione” e , purtroppo, siamo in un momento di passaggio della vita del nostro Paese in cui non possiamo far finta di niente! Sono ancora dinanzi ai nostri occhi le immagini di morte e sofferenza dei Tg, il coronavirus e’ entrato nelle case di tante persone in tutto il mondo, tanti hanno sperimentato la solitudine vera in appartamenti magari di uno o due vani, in cui ci si e’ rinchiusi per cercare di non essere contaminati. Veniamo da mesi di visite mediche rinviate, di persone che ci hanno lasciato in piena solitudine, senza neanche il conforto dei familiari piu’ stretti. Al di la’ delle decisioni che mi auguro vengano prese, con equilibrio ed attenzione , dalle autorita’ competenti, credo che manchi davvero quell’ aria sapientememte “leggera e ruffiana” del sabato sera in cui bastavano due rose per ritrovare un po’ di atmosfera…Quando suonava questa canzone, ero bambino, e’ un brano di certo noto a molti dei genitori di ragazzi ornai lasciati sempre piu’ soli da adulti educanti che continuano a finanziare momenti di assembramento ora inopportuni anche solo per una tutela pure egoistica della salute. Cosa fare?!Da docente me lo sono chiesto ed ho sempre cercato di improntare il mio operato nella scuola ad una trasmissione non solo di contenuti ma anche di valori, ricordando ai miei alunni che nel teatro di Terenzio si nasconde quell” ” Homo sum” che dovrebbe rendere naturale l’ attenzione al vissuto degli altri, che vivono in una terra dove sono nati uomini illustri come il De Sanctis che ripeteva loro ” Studiare e siate buoni… l’ Italia sara’ quello che sarete voi”. Veniamo da mesi in cui e’ mancato quello studio in classe fatto di empatia, di gestione ordinata della socializzazione che nessuna didattica a distanza potra’ mai garantire. I nostri ragazzi hanno avuto piu’ tempo per vivere con i loro genitori ma, appena e’ finito il tempo della convivenza familiare forzata, si sono riversati nuovamente per strada, ricercando, per le vie della nostra citta’ quel ” Paese dei balocchi” in cui erano gia’ ben abituati a disperdersi. Viviamo purtroppo tempi nuovi, inediti, che richiedono ancora maggiore equilibrio. Oggi in tv ascoltavo la testimonianza della Botteri, inviata di guerra, ora a Pechino per raccontare storie, inascoltate, di un’ epidemia che preoccupa ancora la Cina , la quale avvertiva che nelle tempeste, per reggere alla forza del vento, bisogna ritornare alle proprie radici, recuperando magari proprio quell’ aria ruffiana e leggera del sabato sera di un Paese in cui istituzioni come scuola e famiglia erano piu’ forti, in quegli anni ‘ 80 i cui la nostra terra tremo’ , le scuole furono chiuse ma resistettero i principi della buona educazione.In quella occasione si levo’ la voce di Pertini che grido’ ” Fate presto” per salvare prima le vite e poi l’ economia, ora, con coraggio, ci vorrebbe chi ha il coraggio di gridare un ” Festina lente” , fatto di cautela nel gestire momenti di passaggio inediti, che richiedono ancora piu’ fermezza e soprattutto buoni esempi..