Politica allo sbando Di nuovo alle urne 

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Il Presidente Mattarella ha detto no alla nomina del prof. Savona a Ministro della politica economica per le sue posizioni critiche nei confronti dell’Unione e in particolar modo della Germania. Non è bastata l’assicurazione data con una lettera nella quale ha cercato di fornire risposte rassicuranti sul suo atteggiamento nei confronti dei vertici dell’Unione da futuro ministro. Ha ribadito quanto è scritto nel contratto giallo verde cioè che la riduzione del debito pubblico il futuro governo intende farla potrà non attraverso una riduzione della spesa pubblica ma attraverso l’incremento del PIL che si otterrà attraverso l’aumento dei consumi. Come finanziare lo sviluppo e conseguentemente i consumi il contratto non lo dice né è indicato dove si prenderanno i soldi.

Il contratto, invece, sul fronte delle uscite è financo molto chiaro: reddito di cittadinanza abbastanza generalizzato, riduzione delle tasse attraverso una flat tax a due aliquote: il 15 ed il 20%, il superamento della legge Fornero. Provvedimenti questi che, assieme al blocco dell’aumento dell’IVA, da fare subito prevedrebbero una spesa di oltre 100 miliardi. Questi dovrebbero venire da una maggiore flessibilità concessa dall’Europa, non facendo rientrare nel calcolo del 3% previsto dal trattato di Maastricht, le spese d’investimento e rimandando a data da destinarsi l’impegno per la riduzione del debito pubblico che è giunto al limite del sopportabile. Da aggiungersi che in Costituzione è stata inserita una norma sulla stabilità di bilancio, anch’essa rimandata a futura memoria. Questo è l’obbiettivo di Salvini che, con un eufemismo possiamo definire euroscettica che potrebbe arrivare persino alla minaccia dell’abbandono dell’euro o addirittura all’uscita dall’Unione.

Questi sono i veri motivi che stanno alla base della soffertissima decisione del Presidente Mattarella di non nominare Savona Ministro per l’economia. Ora si torna al voto e il cielo si riempie di nuvole scure. Il futuro sarà buio se i cosiddetti uomini politici nuovi, spregiudicatamente privi di ogni senso dello Stato e del bene comune, non si rendono conto che con il populismo si può fare opposizione ma non governare un Paese complesso come l’Italia.

Fa molta tristezza dover considerare che la mossa di Renzi, ancora padrone del Partito, di tenerlo fuori da ogni trattativa di dialogo con il M5S lo ha, di fatto, infilato nelle mani di Salvini facendo il suo gioco ai danni dell’Italia e dello stesso PD. E non si capisce come uomini come Gentiloni, Franceschini, Fassino e tanti altri non riescano a trovare il coraggio delle grandi decisioni che si devono assumere in momenti come questi e mettere all’angolo colui che sta portando il partito all’estinzione.

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud