Restuire un’anima a questa Europa

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“Mentre abbiamo vissuto dentro l’Europa, su di essa, non ci siamo mai sentiti abbracciati da quest’unità, da essa protetti, poiché eravamo impegnati in lotte particolari, in aspirazioni superficiali perché basate sull’unità impercettibile”.

Queste parole di Maria Zambrano, contenute nel suo “L’agonia dell’Europa”, sono state scritte “negli anni culminanti del secondo conflitto mondiale e rappresentano uno sguardo personale, filosofico e lirico, rivolto alle vicende del Vecchio Continente”, e incredibilmente sembrano adattarsi al critico presente di un’Europa divisa, flagellata dal contagio, che oggi deve fare i conti con una “guerra”, che ancora contrappone una volta paesi e popoli.

L’Europa, che rischia di assistere al definitivo “tramonto”, ha smarrito il proprio codice identitario, svendendo se stessa, governata da un asfissiante dirigismo finanziario che ha fatto sì che la politica diventasse il mezzo di un altro mezzo, la finanza.

Come si può accettare che si antepongano gli aspetti contabili, che sono lo stigma di un’Unione europea che si concepisce sostanzialmente come una Spa, alla vita reale dei popoli?

Nord e Sud rappresentano due weltanschauung diverse, fra un mondo freddo e razionale e uno più caldo, tra ragione e istinto, che ha portato il primo a guardare dall’alto in basso il secondo.

I Paesi del Sud sono chiamati a unirsi in un unico grande fronte per ridare un’anima a questa Europa che ha venduto, a causa del mercantilismo, la sua anima al diavolo, accelerando il processo di “disintegrazione”.

Al Vecchio Continente serve, invece, ritrovare le proprie radici nelle “profondità” di un Sud e di un Mediterraneo che è un fare ritorno alle origini, il che significa leggere il presente abbandonando la lente deformante dell’economicismo.

L’origine e l’evoluzione della crisi europea vanno di pari passo con una morale non più umanistica, ma mercantile.

“Il privato si è mangiato il pubblico, scrive Mario Tronti, l’economia si è mangiata la politica, la finanza si è mangiata l’economia, quindi il denaro si è mangiato lo Stato, la moneta s’è mangiata l’Europa, la globalizzazione si mangia il mondo”.

E’ irragionevole pensare di cambiare questa Europa, perché manca il presupposto fondamentale del reale riconoscimento del fallimento cui è andata incontro, come epoca di “decadenza” nella quale è precipitata, di un’Europa “de-caduta”, e incapace di ripensarsi.

La crisi europea, come ha scritto Emil Cioran, grande mente visionaria del Novecento, è “il risultato dell’inaridimento della vita spirituale, del trionfo nel quotidiano degli uomini della vana ricerca del profitto e dell’ingordigia economica”.

La crisi permanente dell’Europa è sintomo significativo della malattia che affligge una società occidentale in evidente agonia, che ha perso di vista i valori fondanti la sua civiltà. Con la finanza nuovo potente idolo della post-democrazia, con i mercati che decidono delle esistenze dei popoli, delle persone, delle nazioni.

L’Occidente, l’Europa è, oggi più che mai, con a capo questa tecnocrazia mercantile,  “Abendland”, come direbbero i tedeschi, “la terra del tramonto”.

 

di Emilio  De Lorenzo