Sud e Recovery: la grande prova

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Una, cento, tante verità sul Sud in ripresa. La Svimez, decennale sentinella sullo sviluppo del Mezzogiorno, sostiene, in sintesi, che le distanze dal Nord restano invariate rispetto al passato, sia pure con qualche modesto segnale di ripresa. Getta acqua sul fuoco la ministra per il sud, Mara Carfagna, che guarda al futuro con ottimismo, puntando tutto sui fondi europei. In realtà qualche primo segnale di ripresa nel Mezzogiorno è testimoniato dall’apertura di alcuni importanti cantieri infrastrutturali a cui si accompagna un impulso dell’edilizia che, grazie anche ai bonus, sta mettendo in moto l’econo – mia locale. Un dato è certo: non ci sarà per il Sud altra occasione come quella del Recovery fund. Lo si evince dal dibattito, quasi sempre costruttivo, che in questi giorni accompagna quel “Fate Presto” alla classe dirigente meridionale. E già. La capacità progettuale per riammodernare il Paese è all’insegna della confusione. Si avverte l’assenza di una cabina di regia centrale che orienti gli investimenti, senza cedere alla tentazione di realizzare uno spreco di risorse per effetto di un provincialismo campanilistico che ha segnato il destino del Mezzogiorno. Rientra in questa oggettiva preoccupazione lo scontro istituzionale tra governo centrale e Regioni che rappresenta un ulteriore pericolo nella spartizione delle risorse. Si ripresenta il nodo della classe dirigente e la sua capacità di liberarsi da antichi mali. Qui sta la vera sfida. Non deve essere più possibile cedere al clientelismo spicciolo, alla disattenzione verso gravi problemi che da sempre incatenano il Sud: dal modello assistenziale che non produce lavoro al diffondersi del lavoro nero, dalla corruzione politica all’invasione territoriale della criminalità organizzata. Di queste emergenze, purtroppo, si discute poco, quasi esse non esistessero.

di Gianni Festa