Totò, mezzo secolo dopo

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I film di Totò sono per intere generazioni dei compagni di vita. Le risate, le smorfie del grande attore ci prendono per mano da anni e non ci annoiano mai. Totò è insomma un amico perfetto. Con lui non ci si sbaglia mai. Ci fa piangere di gioia e ci fa ritornare bambini. Mio figlio che ha tredici anni o mia figlia che ne ha diciassette, ridono esattamente come me, mia moglie e i miei genitori. Eppure sono battute “vecchie” ascoltate migliaia di volte ma è proprio questa la sua grandezza. Ogni volta si ricomincia a ridere daccapo e sembra sempre la prima e non una delle tante pagine sfogliate e risfogliate. Totò è la maschera perfetta che riconosci subito e deve continuare a farci sognare. E’ la nostra evasione dalla routine del lavoro, dai problemi grandi e piccoli. Uno squarcio di luce nel buio di giornate faticose. Ognuno di noi, ha ovviamente il suo Totò preferito. C’è la maschera neorealista di “Guardie e ladri” o l’irresistibile estensore della lettera con Peppino De Filippo, solo per citare due esempi tra migliaia. C’è il Totò politico che sbeffeggia l’onorevole Trombetta nella memorabile scenetta in vagone letto e il Totò che si candida alla Camera dei deputati. Urla dal balcone di casa il proverbiale “Vota Antonio”, “Vota Antonio La Trippa” usando un imbuto a mo’ di megafono. Nel film interpreta un candidato monarchico che crede ciecamente negli ideali e quando capisce i loschi fini che guidano i dirigenti del partito li rivela alla gente che assiste al comizio e manda a monte la sua stessa elezione. Una lezione semplice per un film del 1963. Un’altra politica e un’altra classe dirigente ma gli stessi vizi italici. Se ne è andato il 15 aprile del 1967. Nel giorno del suo funerale a Roma c’erano trentamila persone. A Napoli 48 ore più tardi erano in centocinquantamila. Il feretro oscillava e la bombetta “il suo simbolo” era in precario equilibrio sulla bara. Adesso nel cinquantenario della morte sono tanti gli omaggi che il mondo dello spettacolo ha organizzato per ricordare Antonio De Curtis. Tante le manifestazioni. Tra le più significative quella dell’Università Federico II di Napoli che ha conferito a Totò la laurea honoris causa in "Discipline della Musica e dello Spettacolo. Storia e Teoria". A volere fortemente e a sostenere questa prestigiosa onorificenza è stato Renzo Arbore, da sempre un suo sfegatato fan. E in tanti hanno ricordato le sue citazioni più popolari: “Ogni limite ha una pazienza!”, “Io pago! Io pago!”, “Sono un uomo di mondo: ho fatto tre anni di militare a Cuneo”, “Porga tante esequie alla sua signora”, “Onorevole lei? Ma mi faccia il piacere!” “Noio volevam savuar” e via di questo passo. Citazioni che ormai fanno parte dell’arredamento domestico di ogni italiano. La sua immagine si trova in ristoranti, bar, locali non solo del nostro Sud ma in tutto il Paese. Eppure nonostante la sua immensa notorietà Totò, come ha ricordato il critico cinematografico Paolo Mereghetti era un uomo sobrio “ non gli piacevano le ostentazioni e men che mai apprezzava la protervia: Caporali – diceva- sono quelli che vogliono essere capi. C’è un partito e sono capi. C’è la guerra e sono capi. C’è la pace e sono capi. Sempre gli stessi. Io odio i capi come le dittature, le botte, la malacreanza, la sciatteria nel vestire, la villania nel parlare e mangiare, la mancanza di puntualità, la mancanza di disciplina, l’adulazione, i ringraziamenti. Chissà cosa avrebbe detto oggi, Totò. Adesso che nessuno osa più mettere in discussione la luce abbagliante delle sue smorfie, adesso che l’unanimità si confonde con la melassa”.
edito dal Quotidiano del Sud