Un’Europa sempre più ingovernabile

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Non solo in Italia dove in poco meno di due anni si sono sperimentate alleanze diverse ed eterogenee anche in Europa si sono formate dopo le elezioni coalizioni tra partiti che hanno poco in comune dal punto di vista programmatico.  Il caso Italia dunque dove la frammentazione politica e il cambiamento dei governi era ed è la regola sta facendo scuola a livello europeo. Il prossimo test elettorale è in Gran Bretagna dove si voterà il prossimo 12 dicembre. Un Paese bloccato da oltre tre anni dalla discussione su come uscire dall’Unione dopo il voto sulla Brexit. Londra è solo l’ultimo esempio di democrazie che fanno fatica a passare dalla fase del voto a quella del governo. Fa eccezione la Francia dove il sistema non è parlamentare ma presidenziale e tuttavia Macron è in caduta libera nei sondaggi. La Germania da anni vive con la coabitazione tra il partito centrista della Merkel e i socialdemocratici. Le due forze tradizionale che si sono alternati alla guida governo ora condividono scelte e programmi. In Germania la cultura del compromesso favorisce queste soluzioni che però devono avere un termine perché alla lunga erodono consensi e fanno crescere formazioni alternative come sta accadendo con i consensi sempre più alti alla destra e ai Verdi. La Spagna ha votato quattro volte in quattro anni. Nessun partito ha vinto le elezioni e si sta sperimentando una coalizione di sinistra che ha però numeri risicati.  Il leader socialista spagnolo Pedro Sanchez e il leader di Podemos Pablo Iglesias hanno raggiunto l’intesa per la formazione di un governo di coalizione. Il copione sembra simile a quello già visto ad aprile, ma questa volta sembra che le parti abbiano voglia di andare fino in fondo. Di creare un esecutivo “progressista” che freni l’avanzata dell’estrema destra e che, è convinto il premier uscente, duri per l’intera legislatura. Come, ancora non si sa bene, visto che la legge dei numeri si abbatterà sulla nascente coalizione già dal voto di fiducia. Insomma l’Italia non è sola anzi è in ottima e folta compagnia nella ingovernabilità che sta contagiando l’Europa. L’attuale maggioranza sta insieme e si è formata esclusivamente per fermare l’avanzata di Salvini verso Palazzo Chigi ma adesso in molti si chiedono se un esecutivo privo di sostanza politica sia stato l’antidoto giusto. La risposta sta nei sondaggi e nel sentire comune dell’opinione pubblica. La destra di Salvini e Meloni insieme a Forza Italia sono intorno al 50 per cento, una percentuale mai vista figlia soprattutto del mediocre cammino del governo Conte 2. Intendiamoci nessuno in Europa e in Italia ha la forza oggi per definire una identità condivisa tra forze di governo alleate ma come in Spagna anche in Italia i continui rinvii hanno solo rafforzato le destre. Vox in Spagna e la Lega nel nostro paese stanno promettendo un cambiamento radicale che affascina i tanti scontenti ed un elettorato volubile pronto a farsi incantare dal salvatore di turno. E così come spiega il politologo e storico Giovanni Orsina “non è una questione soltanto italiana ma in Italia è più seria che altrove.  Si potrebbe obiettare con buone ragioni che il voto ai populisti sia una risposta irrazionale al problema, perché quelli non sanno risolverlo ma anzi lo aggravano. Anche i non populisti però non riescono a proporre altro che more of te same, ossia di proseguire lungo la via seguita finora. Così facendo si alienano milioni di elettori, convinti per un verso che la loro disperazione sia colpevolmente sottovalutata e per un altro di essere stati abbandonati al proprio destino da classi dirigenti intente soprattutto a salvare se stesse”.

di Andrea Covotta