Verso le maggioranze eventuali

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Il via libera alla missione navale italiana di supporto alla guardia costiera libica contro l’immigrazione clandestina, spedizione non priva di rischi per il personale impegnato, era praticamente l’ultimo appuntamento importante del Parlamento prima della pausa estiva, che durerà più di un mese. Alla Camera, il provvedimento ha avuto il sì della maggioranza e di Forza Italia, mentre le altre due componenti del centrodestra sono andate ognuna per conto suo: la Lega ha votato contro (insieme a grillinie Sinistra italiana), Fratelli d’Italia si è astenuta. Il voto favorevole di Forza Italia ha abbondantemente compensato quello contrario di una parte degli scissionisti ex democratici, la cui adesione alla maggioranza che sostiene il governo Gentiloni è sempre più aleatoria. L’esito della votazione non è mai stato in discussione, ma la vicenda è indicativa dell’evoluzione che sta subendo il quadro politico in questo scorcio di legislatura, un mutamento i cui effetti si vedranno più nettamente alla ripresa autunnale, quando verranno al pettine nodi molti più delicati, a partire dalla legge di stabilità, sulla quale i bersaniani intendono dare battaglia. In pratica sta succedendo che il proporzionalismo, prima ancora di tradursi in regola per misurare la rappresentanza parlamentare, sta diventando sistema, anticipando metodi di governo che furono tipici di una stagione ormai trascorsa ma che vedremo di nuovo tornare d’attualità dopo le elezioni. Si allentano i vincoli politici che legano sia la maggioranza che l’opposizione, e ogni partito, ogni gruppo persegue il proprio interesse contingente. Quasi nessuno ricorda più che nella cosiddetta prima Repubblica,la Repubblica del proporzionale appunto, i cambi di maggioranza erano piuttosto frequenti e non destavano scandalo. Allora, è vero, il sistema ruotava attorno all’asse portante della Democrazia cristiana, e quindi l’ingresso o l’uscita dalla coalizione dell’uno o dell’altro dei partiti che non a caso venivano definiti “minori”, non provocava sconquassi, tant’è vero che le legislature spesso proseguivano senza traumi. Oggi sarebbe diverso, perché nessun partito può rivendicare il ruolo di baricentro del sistema: anzi tutte le previsioni (vedremo quanto attendibili) ci dicono che dalle urne usciranno tre forze politiche di peso più o meno equivalente, che ovviamente non potranno governare tutte insieme. Che succederà, allora? La cronaca di questi giorni ce lo anticipa: la maggioranza parlamentare non è più un insieme stabile,compatto:è sempre incerta, provvisoria, eventuale, frutto di una continua contrattazione. Può mutare a seconda dei provvedimenti da approvare: si può appoggiare a sinistra (è già successo) quando sono in discussione i diritti civili; può cercare e trovare sostegno al centro o a destra, come nel caso della missione libica. Una maggioranza senza confini certi che non siano quelli del Parlamento,insomma; una maggioranza dai contorni politici sfumati. Del resto,rovesciamenti di fronte ci sono stati anche in epoca maggioritaria (in genere è stato Berlusconi a farne le spese); ma domani, dopo una tornata elettorale all’insegna del proporzionale, un disinvolto comportamento dei gruppi parlamentari o cambi di casacca non più individuali ma collettivi, non potrebbero neppure essere sanzionati come tradimento di un mandato elettorale politicamente vincolante, che non c’è stato. Insomma, il trasformismo si appresta a tornare nella versione 2.0,sotto forma di maggioranze variabili, provvisorie, eventuali. Come poi questa prospettiva possa consentire l’attuazione di programmi di governo seri ed efficaci, è un altro paio di maniche.

di Guido Bossa