Culle vuote, in Italia non si nasce più

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Di Francesca Finelli

In Italia le culle sono sempre più vuote, ma la colpa non è solo del lavoro e delle scelte di carriera, come si sente spesso dire. L’incontro recente degli Stati Generali della Natalità all’Auditorium della Conciliazione di Roma, giunto alla sua terza edizione, ha richiamato l’attenzione sul calo demografico che avrà sicuramente conseguenze su tutti gli aspetti della società italiana. “La storia demografica italiana è cresciuta fino al 2014, ma oggi un grande Paese che comincia a perdere popolazione. Inoltre oggi abbiamo più morti che nati. Questa è la fotografia di oggi, ma la previsione per i prossimi anni è che i 59 milioni di oggi scenderanno a 48 milioni e quindi spariscono 11 milioni di persone. Avremo 800.000 morti l’anno, a fronte di 300.000 nascite. In più per questo perderemo 500 miliardi di Pil”. Sono questi i numeri da brivido indicati da Gian Carlo Blangiardo, past president Istat. Con il risultato che i genitori sono sempre meno e sempre più anziani, in un Paese con meno bambini e adolescenti. Nel 2020 gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404mila,quasi 16mila in meno rispetto al 2019. Le donne hanno in media il primo figlio a 32 anni, gli uomini a circa 35 anni. L’aumento dell’età materna, soprattutto, acquista enorme importanza, ripercuotendosi negativamente sulla capacità generandi. La realtà che ci si pone davanti ci offre un mondo che invecchia. Gli 800.000 ultranovantenni di oggi saranno 2,2 milioni nel 2070,di cui 145.000 ultracenenari. Di conseguenza ci sarà una spesa sanitaria enorme per dare una qualità di vita ed una assistenza adeguata ad una popolazione che invecchia. Ci troviamo di fronte ad una vera emergenza legata alla denatalità! Anche la Società italiana di pediatria(Sip) si è espressa al riguardo “Serve lavorare tutti insieme, non solo aziende, privato, politica, Istituzioni. Dobbiamo mettercela tutta seguendo l’esempio semplice di altre nazioni che sono stare capaci di invertire la traiettoria. Speriamo che i nostri giovani possano percepire che nel nostro Paese si può vivere bene, si può avere supporto alla genitorialità. Fermare la denatalità permette all’Italia di essere competitiva nel contesto europeo. Purtroppo noi siamo in Europa il Paese con il più basso tasso di natalità e siamo secondo al mondo solo al Giappone”. Inoltre la Sip tra i primi punti per mettere un freno alla caduta libera della denatalità pone la educazione sanitaria negli studi dei medici, dei pediatri e nei consultori, ma soprattutto a scuola dove i ragazzi devono comprendere anche i tempi della natalità, legata all’orologio biologico. Il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si è rivolto come monito alle istituzioni, perché possano e sappiano organizzarsi per affrontare il problema del calo demografico. “Alle istituzioni compete la responsabilità di attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità. Si tratta di una puntuale prescrizione della Costituzione che all’art.31 richiama la Repubblica ad agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Proteggendo la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Parole, quelle del Capo dello Stato, che rimarcano profondamente la necessità di attrezzarsi da parte delle istituzioni riguardo le sfide che attendono la società. Bisogna perseguire, per tali ragioni, caparbiamente progetti ambiziosi per cambiare le cose. I presupposti non lasciano molto fiduciosi sul futuro prossimo dei progetti da mettere in campo, per cui il cammino appare ancora lungo, se si pensa, ad esempio, che il Parlamento Europeo, a correzione della risoluzione del 14 marzo 1997,e della risoluzione del 12 marzo 1998, ed ancora della risoluzione del 15 dicembre 2000, già allora aveva proposto una nuova risoluzione “Sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni”, esprimendo la propria sorpresa che la Commissione “Libro Verde” menzionasse solo marginalmente gli aspetti di politica sanitaria connessi ai cambiamenti demografici.