Dopo il safari delle liste, Renzi sempre più solo 

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Mattanza, ecatombe, macelleria politica, addirittura l’appellativo di“epurator” dopo “rottamatore”. Non si contano più le parole, i termini coloriti e anche torbidi…
cui i giornali e l’opinione pubblica hanno fatto ricorso e continuano a farlo per mettere in risalto la spregiudicatezza di Renzi nella stesura delle liste, mirate a crearsi truppe fedeli per la sua “remuntada”. Che si sarebbe potuta capire, se si fosse indirizzata in direzione del prevalente rilancio delle “magnifiche sorti e progressive” del Pd, mentre sconcerta nel vederla maldestramente rivolta ad assecondare, ancora e sempre, la sua voglia matta di un ritorno a Palazzo Chigi. Un tarlo che lo sta rodendo dal giorno dopo la botta referendaria, del quale non riesce a liberarsi, pur avendo dichiarato che lo avrebbe fatto . Come fa a continuare a non rendersi conto che, senza la prima condizione- cioè l’avanzata del Pd- è impossibile, campato in aria il secondo scenario ? Fino a qualche mese fa, prima che si entrasse nel vivo della campagna elettorale, aveva dato la sensazione di aver fatto tesoro, come si dice, di madornali errori temperamentali e tattici. Lo lasciavano pensare due cose su tutte: la mano tesa verso la minoranza, i continui confronti e ammiccamenti con Orlando ma, su ogni altro indizio, una manifesta e dichiarata intenzione di non vedere più Gentiloni come il fumo negli occhi e finalmente come la figura più preziosa per il rilancio di un Pd di sintonia corale, affidabile, e per questo, molto competitivo. Appena però si è messo piede nell’intrigo della campagna elettorale, è riaffiorato lo spirito predatorio e belluino di Renzi, trasformando la competizione in giungla . Dopo il “safari” di ribaltoni, scaccioni, ribaltoni, epurazioni, la domanda che oggi diventa virale è : ma tutto questo, gli gioverà? Ne valeva la pena scatenarlo? O si ritorcerà alla distanza- in realtà solo tra qualche mese- contro di lui con un effetto boomerang devastante? Renzi ha detto, pensando cosi di crearsi un nobile alibi di risvolto umano, che quanto deciso “è stata l’esperienza peggiore e più devastante della sua vita”. Noi riteniamo che l’esperienza ancora più devastante sarà il conto che gli si presenterà il 4 marzo notte, quando il Partito Democratico non avrà i voti per condurre le danze e Renzi non troverà sponde, né interne né esterne, per riaprire i giochi a suo favore. A parte le critiche feroci che gli muoveranno le minoranze del Pd, già sul sentiero di guerra per la falcidie subita nella rappresentanza, e naturalmente, c’è da crederlo, con non minor sdegno, anche gli scissionisti di “liberi e Uguali”, i quali gli rinfacceranno: “lo hai voluto tu”; a venire meno sarà anche il presunto alleato amico Berlusconi, cui stanno a cuore le larghe intese non certo il destino di Renzi, da tempo segnato. In un Pd che regga, cresca o arretri, c’è qualcosa di più profondo a sfavore del suo leader. Se regge o cresce, il risultato sarà merito della rassicurante figura del premier Gentiloni, definito da tutti persona “brava e ragionante”. Se arretra, invece, ricadrà ogni colpa su Renzi. Se questo lo ha già capito e si è illuso d’essersi attrezzato, chiudendosi in un fortino, è bene ricordargli ciò che il suo conterraneo Niccolò Machiavelli raccomandava di tener sempre presente che “la fortezza serve al principe per difendersi, per l’at – tacco è invece necessario il favore del popolo”. Favore ormai perduto da Renzi. Il 4 dicembre 2016 ci fu la botta referendaria, adesso un altro 4, stavolta, di marzo, si presenta minaccioso sulla sua strada. Con questi chiari di luna, solo Gentiloni può salvarlo. Gli lasci però il pulpito sgombro: è oggi l’unica voce spendibile e convincente del Pd. E’ paradossale dopo il “safari delle liste” Renzi è più solo.

di Aldo De Francesco edito dal Quotidiano del Sud