Guerra e politica interna

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La tragedia ucraina modifica i parametri della politica interna che entra nell’ultimo tratto di questa tormentata legislatura e l’obiettivo dei partiti è rivedere le proprie priorità come è accaduto due anni fa con l’arrivo del Covid. La scommessa del governo di larghe intese guidato da Draghi ed ispirato dal capo dello Stato Mattarella, ha “congelato” la situazione politica, intorno all’esecutivo nato per gestire l’emergenza Covid e la crisi economica, adesso si è aggiunta anche l’emergenza terribile del conflitto russo-ucraino. Draghi ha una scelto una linea intransigente nei confronti di Putin mentre i partiti guardano agli eventi presenti e devono immaginare il futuro anche se è evidente che i problemi politici non sono scomparsi con il conflitto in Ucraina ma, ovviamente, l’agenda internazionale adesso è la nuova priorità. Lo scontro che si è consumato sulla delega fiscale è la prova che la tregua interna è finita, siamo dentro un anno elettorale ed inoltre occorre sottolineare che la revisione del catasto è una questione che investe direttamente l’identità del centrodestra che dalla sua fondazione considera centrale il tema delle tasse e del carico fiscale sulle case di proprietà. Draghi andrà avanti ben sapendo che Salvini e Berlusconi continueranno a marcare le loro differenze avvicinandosi a seconda delle occasioni più alla Meloni che alle altre forze di maggioranza. I nodi da sciogliere sono diversi, tra i provvedimenti all’esame del Parlamento ci sono la riforma della concorrenza, quella della giustizia, il codice degli appalti, i meccanismi di carriera nella scuola. Tutte norme che potenzialmente potrebbero, di volta in volta, far fibrillare la maggioranza con i partiti più impegnati a difendere i loro pacchetti di voti e non a fare gioco di squadra. Draghi deve saper mediare tra le diverse esigenze dei leader della sua composita maggioranza e lo può fare partendo da una posizione di forza legata soprattutto alle condizionalità del Pnrr, riforme che vanno fatte secondo le scadenze stabilite altrimenti c’è il rischio concreto di perdere queste risorse indispensabili. Da qui al voto è questa la vera partita da giocare sapendo che prima delle politiche ci sono le elezioni amministrative e tra meno di due mesi il voto in Francia dove una nuova vittoria di Macron ridarebbe forza al fronte europeista indebolendo quello sovranista. E poi c’è la questione ucraina e nessuno oggi, purtroppo, può sapere come si evolverà la tragedia della guerra che, come si è visto nella vicenda del viaggio di Salvini in Polonia, ridimensiona il fronte che si era legato a Mosca. Come ha scritto Stefano Folli: “Era evidente che la guerra in Ucraina, cioè in Europa, avrebbe spazzato via anche in Italia un vecchio modo di far politica, impastato di astuzie, giochi verbali, ammiccamenti, retorica da talk show, enfasi stile ultras allo stadio. La guerra ribalta tutte le pseudo certezze e impone una nuova serietà. In fondo non era difficile supporre che il viaggio di Salvini al confine polacco-ucraino avesse discrete probabilità di risolversi in un disastro. Tuttavia la realtà è andata oltre ogni previsione. L’immagine del sindaco di Przemysl che accoglie — si fa per dire — il capo della Lega srotolando la maglietta con l’effige di Putin davanti alle telecamere, e gli ricorda il suo stretto legame con l’autocrate di Mosca, resterà nella storia a testimoniare una straordinaria insipienza politica”. La situazione internazionale ha, dunque, avuto un effetto concreto sulle questioni politiche di casa nostra, ma al di là della vicenda Salvini i partiti devono convivere, ancora una volta dopo la pandemia, con tempi nuovamente eccezionali. La strada da percorrere verso il voto del 2023 è ancora lunga ma la guerra in Ucraina è già da oggi uno spartiacque.

di Andrea Covotta