La memoria del futuro

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Immensa. Quella fu lotta di popolo. Di rottura con il passato. Di volontà di respirare aria nuova e pulita. In una parola: Libertà. Certo, fu una guerra con morti su fronti diversi. Tuttavia nessun tentativo di revisionismo storico, come pure si cerca di fare a fasi alterne ne può cancellare il valore. Il 25 aprile del 1945 segnò uno spartiacque dai contorni netti. Fine della dittatura e dal giogo nazifascista e alba nuova per la democrazia, voluta e salutata da una lotta di Resistenza. Da allora la stragrande maggioranza degli Italiani ha tenuto i nervi saldi, difendendo lo Stato repubblicano. Resistendo ai tentativi nostalgici di facinorosi legati malinconicamente alla figura dell’uomo forte. Se ne discute, tra non poche tentazioni, ma è solo la memoria che può e deve debellare questi pericolosi rigurgiti. Da quel 25 aprile sono trascorsi settantasei anni. Densi di significati. Dalla ricostruzione post bellica, che si coniugava con i grandi sacrifici e lo straordinario impegno solidale, al miracolo economico dell’Italia motore dello sviluppo, dalle granitiche ideologie delle forze politiche, alla loro fine con la caduta del Muro, dalla crisi dei partiti e della politica con il fallimento della rappresentanza, al mancato processo riformistico declamato ma mai compiuto. E oggi la pandemia del Coronavirus con le sue morti, le paure dei contagi, le incertezze sul da fare. Passerà anche questo, speriamo. Come è accaduto anche per gli anni di piombo.

Riavvolgendo il nastro e ricollocandoci nei giorni di quello straordinario e storico periodo, che rappresenta oggi uno scrigno di valori immensi da non disperdere, le narrazioni consegnano significative testimonianze. Sono storie di uomini e donne, di rifugi in montagne e colline, di staffette che imbracciando il fucile correvano verso la libertà. Negli scaffali delle biblioteche, in libri, dossier, monografie, si racconta di una volontà inarrestabile di frenare la barbarie. Rileggere alcune di quelle pagine equivale a nutrirsi di valori da condividere per riaffermare i principi della Costituzione, nata da quella lotta di popolo. Si tratta di testimonianze che ancora oggi hanno grande attualità. Come quella di Adriana Segre che ha recentemente ricordato come il suo 25 aprile lo trascorse prigioniera del campo nazista di Malchow. Fu lì “che alcuni giovani francesi mi sussurrarono di «non morire adesso» perchè qualcosa stava cambiando”. Oppure di Luciano Lama, indimenticabile segretario della Cgil che così ricordava quei giorni. “Ciò che ci spinse allora, in quella dura lotta sanguinosa, nella ridda anche confusa dei sentimenti che albergavano in ciascuno di noi – affermava Lama – primeggiavano certamente l’ansia di libertà e il desiderio di giustizia. Sapevamo che per conquistare tutto ciò occorreva finirla con la guerra e con il fascismo che aveva portato l’Italia alla rovina e che aveva imposto la tirannide al nostro Paese, liquidando anche quella democrazia del primo dopoguerra che pure non ci piaceva”. E aggiungeva Leo Valiani, già senatore a vita e tra i protagonisti della Resistenza: “La Liberazione fu il coronamento di lunghe e dure lotte per la riconquista delle libertà democratiche, sostenute da militanti di partiti e movimenti che la dittatura aveva messo fuori legge. La Resistenza, fenomeno di tutti i Paesi occupati dalla Germania nazista e dai suoi alleati, ha ripristinato e ampliato in Italia le libertà democratiche”. Queste testimonianze, e altre ancora, rappresentano una lezione di vita di chi si è sacrificato in nome della libertà. Non possono essere rimosse. Devono vivere nella memoria e trasferite ai giovani perchè siano vigili contro ogni tentativo nostalgico.

Il 25 aprile di oggi ci riporta, infine, ad un’altra necessità di lotta di liberazione: dal Coronavirus. E’ un nemico subdolo e invisibile. Ha ucciso migliaia di vittime innocenti, anziani, donne e uomini e , in alcuni casi, la sua ferocia si è abbattuta anche contro i bambini. Purtroppo questa pandemia ha messo a nudo la fragilità di un sistema sanitario, vissuto sulle baronie, che ha dimenticato il valore della medicina territoriale. La sorpresa ha vinto su tutto. Il recupero della conoscenza del terribile male con i suoi inammissibili ritardi ha riempito i cimiteri. L’arma per difendersi stavolta è il vaccino. Ma quanta confusione, quanto business, quante parole contraddittorie sono state spese inutilmente. E il peggio è che si procede ancora a tentoni in una contrapposizione tra la difesa della vita e le ragioni dell’economia. Oggi, 25 aprile 2021, i nuovi martiri sono le migliaia di medici, infermieri, personale paramedico, volontari che lottano nella trincea ospedaliera. A loro, coraggiosi liberatori da un mostro senza volto, va il nostro ringraziamento e le scuse di un Paese in cui competenza e meritocrazia hanno reso impotente la stagione dei doveri, preferendo l’effimero ai comportamenti responsabili. Buon 25 aprile.

di Gianni Festa