La politica riscopra i contenuti

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“Mentre sulla scena politica si susseguono banali rappresentazioni nelle quali tutte le ambizioni umane intessono le loro menzogne, sullo sfondo giganteggia la maschera sghignazzante della realtà”.

Prendiamo in prestito queste lucide parole di Gramsci, che si adattano bene ai tempi difficili che stiamo vivendo, per rappresentare la critica situazione sociale e politica dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle e inevitabilmente ereditata dal nuovo che da poco ha fatto il suo esordio.

E avvertito, in qualche modo, il disagio di logorare le parole, e spesso anche le parole non riescono più a cogliere la crudezza della realtà, di una narrazione che è il racconto della cronaca spietata di questi tragici anni di profonda crisi, vissuti con un profondo senso di “spaesamento”, avendo conosciuto lo scardinamento delle fondamenta di una comunità territoriale deprivata della dignità di abitare la propria terra.

Decifrare, rendere la “cifra”, la chiave interpretativa di questi anni, caratterizzati da un diffuso smottamento verso una povertà spesso nascosta, ha significato, con tutti i limiti che riconosciamo, produrre uno sforzo utile a comprendere i cambiamenti, la mutazione antropologica determinata dalla “crisi nella crisi” che ha investendo l’intero Mezzogiorno.

Il Sud, e in particolar modo l’Irpinia, vive, come certificano ormai gli ultimi dati di statistiche e report, una condizione di minorità che pone la nostra provincia agli ultimi posti di ogni classifica che abbia come riferimento i principali indicatori socio-economici del Paese.

Siamo sprofondati nell’inferno di una condizione assolutamente drammatica, con un’Irpinia che ha fatto il suo ingresso nel 2020 con la pesante zavorra della propria storia recente e passata e il carico insostenibile di eventi tragici che parlano di generazioni sospese tra fuga e oblio.

Con il corpo esangue dell’Irpinia progressivamente svuotato dalla ripresa dell’emorragia demografica causata dalla piaga delle nuove emigrazioni.

E lo “spaesamento” che vive oggi la nostra provincia è direttamente proporzionale all’inadeguatezza, all’assoluta insipienza di una classe politica locale che dovrebbe arrossire di vergogna.

E ricorrendo ancora a parole non consunte, mutuando un pensiero di Gianni Rodari, che ha lucidamente scritto parole di valore universale, diciamo che “qualche volta fanno compassione. Non si sono accorti che il mondo cambia, che i vecchi proverbi non bastano più a mandarlo avanti, che ci vuole gente nuova, di coraggio, che abbia fiducia nelle proprie mani e nella propria testa”.

Sarebbe ora che “le banali rappresentazioni” lasciassero finalmente il posto ai contenuti politici, i grandi assenti di questa politica malata di viscerale egocentrismo.

Sarebbe ora che le “banali rappresentazioni”, lasciassero il posto a quel “bene comune” che dovrebbe sovrintendere l’agire politico, come scelta radicale di vita individuale, associativa e politica che metta veramente al centro la persona, la comunità.

E il destino delle comunità delle zone interne, di province come l’Irpinia, oggi sembra sospeso nel limbo.

La marginalità di aree come la nostra provincia, nella cartina politica del Paese, con le criticità tipiche delle aree deboli, è davanti agli occhi di tutti.

I territori delle aree interne sono sempre più esposti al saccheggio di quel che resta di una terra già fortemente indebolita da anni e anni di stupro paesaggistico.

La “notte” dellIrpinia, come di altre zone interne del Meridione, sembra essere ancora molto lunga e non sappiamo se il Sud, questo Sud lacerato in profondità nel proprio tessuto sociale, sarà davvero capace di rimettere le lancette della storia sulla sua “ora”, sul Mezzogiorno.

di Emilio  De Lorenzo