Linguaggio asciutto, a tratti tagliente. Antonio Bassolino, esponente storico della sinistra italiana, già presidente della Giunta regionale della Campania ed ex sindaco di Napoli (protagonista del Rinascimento della metropoli campana) sino ad ora ha mantenuto una linea di grande cautela sul voto per le europee e ora apre ad una riflessione che è insieme analisi e preoccupazione per il futuro. Lo fa soprattutto guardando al Mezzogiorno per quanto è accaduto tra il marzo dello scorso anno e il maggio del 2019. Lanciando un monito: il Mezzogiorno recuperi attraverso una grande mobilitazione il suo ruolo centrale nel Paese.
D. On. Bassolino il voto europeo dello scorso maggio ha rivoluzionato il sistema politico. Qual è la sua riflessione?
Il voto europeo è stato come una seconda grande scossa di terremoto dopo la prima dello scorso anno, quando il 4 marzo del 2018 c’era stato un grande risultato dei 5 stelle, la Lega aveva avuto un certo successo e il Pd un grande crollo al 18 per cento mentre percentuali molto modeste si erano registrate per le altre liste di sinistra.
D. Poi la seconda scossa.
R. Un anno dopo accade un fatto enorme: i rapporti di forza tra 5 stelle e Lega si sono esattamente invertiti, rovesciati. La Lega raddoppia i voti: va al 34 per cento, più di quello che sembrava dai sondaggi; i 5 stelle dimezzano i voti a livello nazionale. E il Pd fa un primo passo in avanti e comincia una risalita lunga e difficile. Riparte.
D. Già la Lega. Nella sua lunga esperienza politica, c’è mai stato un partito che abbia avuto una crescita così esponenziale?
R. Il risultato della Lega è senza precedenti. In pochi anni, prima sale al 17 per cento, poi in un solo anno sfonda il muro del 30 per cento. In queste elezioni europee si sono avuti tre grandi elementi simbolici: la Lega oltre il 30%, i 5 stelle sotto il 20%, il Pd al sopra i 5 stelle. La Lega diventa un partito nazionale, il primo partito italiano.
D. Anche nel Mezzogiorno?
R. Il Mezzogiorno presenta delle sue precise caratteristiche: qui, rispetto al dato nazionale, i 5 stelle si confermano come il primo partito, anche se dimezzano i voti. Il secondo partito al Sud è la Lega, e non il Pd come succede a livello nazionale. Abbiamo dunque una Lega che si rafforza anche nel Mezzogiorno e i 5 stelle che prendono una botta ma si meridionalizzano di più rispetto ad un anno fa. Il Pd incontra più difficoltà rispetto al livello nazionale.
D. Quanto ha pesato il dato dell’astensionismo? E’ un altro dato su cui riflettere.
R. L’astensione dal voto da parte dei cittadini è ad un livello enorme in Italia, mentre in diversi paesi europei la partecipazione è stata più alta delle volte precedenti. Non hanno votato 21 milioni e mezzo di cittadini italiani. In Emilia-Romagna già alle precedenti regionali il presidente Bonaccini fu eletto con una partecipazione al voto del 37 per cento dei cittadini. Al ballottaggio De Magistris è stato eletto tre anni fa con una partecipazione del 36 per cento.
D. Quali possono essere i rimedi?
R. Dobbiamo evitare l’errore che si compie ormai da anni, allorché dopo ogni elezione si volta pagina senza riflettere. I numeri del voto sono una radiografia del Paese, ne rivelano aspetti economici, sociali, politici, culturali e civili. Il voto serve a capire l’Italia, i sentimenti delle persone. Invece da anni si gira subito pagina. E’ stato uno degli errori del Pd.
D. Torniamo al successo della Lega: come è riuscita, a suo avviso, a diventare il secondo partito nel Sud?
R. Partiamo da un dato. Il Mezzogiorno ha investito politicamente sui 5 stelle. Il reddito di cittadinanza, che pure ha avuto un suo peso, non spiegava del tutto il successo del M5s nello scorso anno. Ci sono ragioni politiche più profonde. Il voto ai 5 stelle è stata la rivolta politica del Mezzogiorno. Un voto politico.
D. E alle ultime elezioni che cosa è successo?
R. Il M5s ha dimezzato i voti in Italia e ne ha persi molti anche al Sud, ma non solo a causa della delusione per il fatto che il reddito di cittadinanza non è stato realizzato come molti speravano. Ha contato la delusione politica.
D: In che senso?
R. Ha deluso la prova di governo dei 5 stelle. Il Sud non si è sentito rappresentato, al di là del reddito di cittadinanza. Il Sud è rimasto marginale. Non ha assunto un ruolo nel Paese.
D. Invece proprio al Sud la Lega cresce. Per quale ragione?
R. Diventa il secondo partito. L’errore da non fare è demonizzare la Lega, come fecero le forze di sinistra con Berlusconi. La Lega è certamente l’avversario principale. Ma demonizzare la Lega contribuisce a rafforzarla.
D. Oggi e subito che cosa bisogna fare per arrestare l’avanzata di Salvini?
R.Bisogna cercare di comprendere cosa si muove nel profondo della società. Il successo della Lega è legato in primo luogo ma non soltanto alla questione dell’immigrazione e della sicurezza. Non fu un caso che Salvini volle per sé il ministero dell’Interno. Una scelta politica meditata con la consapevolezza che da quel ministero si poteva svolgere un ruolo politico di primo piano.
Però il tema dell’immigrazione da solo non spiega l’ascesa impressionante della Lega. Così come il reddito di cittadinanza non spiega da solo il successo e poi l’arretramento dei 5 stelle.
D. E allora?
R. La Lega è un partito di amministratori, sopratutto nel Nord dove governa tutte le Regioni e tante città, ma anche piccoli comuni. E’ un partito di amministratori al centro Italia e ambisce ad esserlo anche al Sud. E’ un partito legato al territorio, che ha una sua militanza, un suo attivismo.
D. Un ruolo che negli anni passati svolgeva la sinistra. Ora affanna.
R. Le faccio un esempio. Lo scorso anno ero a Prato. Erano trascorsi pochi giorni dal voto del 4 marzo. La Lega aveva ottenuto un importante risultato balzando dal 4 per centro al 17 per cento. Stavo andando verso la piazza, due, tre persone mi vengono incontro e uno mi fa: “Compagno Bassolino, noi veniamo dal Pci”. Erano in piazza a mobilitarsi, dopo il voto, non si erano mai fermati.
D. La mobilitazione, la politica del fare, mentre il Pd…..
R. Il Pd, il 4 marzo, aveva avuto una battuta d’arresto spaventosa.
Oggi, invece, compie i primi passi in avanti. La risalita è lunga e difficile, e richiederà sempre più impegno da parte di Zingaretti. Egli deve fare del Pd un grande partito di lavoratori. E’ la radice sociale che bisogna rinvigorire. Costruire un partito dei lavoratori classici e di lavoratori moderni, dei precari, dei giovani. Deve essere la prima caratteristica del Pd. Solo se è forte nel suo habitat può fare alleanze con le altre forze.
D. Nel Mezzogiorno, però, la partita diventa difficile.
R. Il Pd deve svilupparsi nel Nord e sopratutto nel Sud, punto debole del Paese. Una delle grandi partite in gioco è la rappresentanza politica del Mezzogiorno.
D. E’ questo un tema caro ai migliori intellettuali meridionalisti che però si accompagna anche alle responsabilità del popolo meridionale? O no?
R. Intanto la responsabilità è della politica nazionale. Dal 1996 in poi, per diversi anni, dal primo Governo Prodi, il Mezzogiorno è cresciuto più della media nazionale. Non è vero che è andato sempre indietro. La storia del Mezzogiorno è fatta di passi avanti e passi indietro. Ora sul Mezzogiorno pesa la questione dell’autonomia differenziata che se andasse avanti nei termini proposti porterebbe ad un ulteriore aumento del divario.
D. L’autonomia differenziata è, secondo lei, un pericolo per l’unità del Paese?
R.Il rischio è forte. E’ molto importante il ruolo del Parlamento.
Tra le Regioni meridionali è necessario che si concordi una iniziativa comune. Centrale è il tema di far sentire la voce del Mezzogiorno in modo unitario, con le sue istituzioni e i Comuni grandi e piccoli. E’ importante una iniziativa del Mezzogiorno, oltre che una iniziativa politica. In primo luogo del Pd, se vuole continuare a crescere. Una iniziativa sociale nelle situazioni di crisi, come la vertenza Whirlpool, e un impegno civile. I partiti da soli non ce la fanno più ma devono fare la loro parte. C’è bisogno di una rete di associazioni sociali, culturali, civili, dei gruppi sociali, per rilanciare la battaglia meridionalista.
E per il futuro cosa farà Bassolino?
Da diversi anni faccio politica senza avere alcun incarico né nelle Istituzioni, né nel Pd. Cerco, comunque, di dare un mio contributo soprattutto sul piano culturale e civile e voglio rafforzare questo mio impegno per Napoli e per il Sud.
di Gianni Festa, pubblicato su “Il Quotidiano del Sud”