Quando l’Italia vinse in Cile

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Nel mondo e non solo in Italia è conosciuto come “mister volare”, eppure Domenico Modugno ha scritto e cantato tantissime canzoni. Tra le sue interpretazioni c’è anche una ballata scritta nel 1976 alla vigilia della trasferta della nazionale di tennis in Cile “La sorte della Coppa è controversa, c’è chi ci vuole andare e viceversa, io sono per il no…”. Ecco in queste poche strofe si condensa quello che accade allora e si concluse il 17 dicembre di 45 anni fa con la decisione di giocare a Santiago. I fatti: l’Italia qualche mese si era qualificata per la finale di Coppa Davis, la più importante competizione a squadre di tennis maschile, grazie soprattutto al suo giocatore più rappresentativo, Adriano Panatta che sempre nel ’76 aveva già vinto gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros a Parigi. Un’Italia molto diversa da quella di oggi, si respirava un’aria pesante, la stagione che passerà alla storia come gli anni di piombo. La politica era dominata dai grandi partiti ideologici del dopoguerra, democrazia cristiana e partito comunista su tutti. Panatta, campione e simbolo di tanti giovani, un ragazzo di sinistra, una sinistra che proprio in quel momento sta costruendo insieme alla DC una svolta clamorosa: mettere insieme le due “Chiese” i due partiti più grandi per governare un momento tanto tumultuoso. I protagonisti sono Moro e Berlinguer, abili tessitori di una tela che non deve strapparsi ma al contrario tenere insieme forze diverse per scrollarsi di dosso il peso di conflitti da superare. In questo clima la storia politica si intreccia con quella sportiva e per l’Italia del tennis l’ultimo ostacolo da superare sono i cileni che hanno conquistato la finale per il rifiuto dell’Unione Sovietica di disputare la semifinale contro la squadra di uno Stato di cui non intende legittimare il governo. Il Cile infatti, è sotto la guida del generale Augusto Pinochet, salito al potere solo tre anni prima, grazie al golpe dell’11 settembre, quando asserragliato nel palazzo de La Moneda il Presidente democraticamente eletto Salvador Allende perde la vita. La finale di Coppa Davis del ‘76 si dovrà disputare a Santiago del Cile, sul campo centrale dell’Estadio Nacional, lo stadio dove nel 1973 Pinochet aveva tenuto prigionieri gli oppositori del colpo di stato. Ovviamente in Italia sale la tensione politica e sociale. Al grido di: “Non si giocano volée con il boia Pinochet” e “Panatta milionario, Pinochet sanguinario”, le vie e le piazze delle città si animano contro i giocatori. Il dilemma diventa se partecipare o restare a casa. Andreotti guida il governo che tiene insieme DC e PCI e tocca a loro trovare una soluzione. A vincere è la determinazione dei giocatori che vogliono partecipare alla finale. Racconta Adriano Panatta: “fu Ignazio Pirastu, al tempo responsabile della Commissione Sport del Pci, a farci arrivare l’inattesa notizia: per Berlinguer dovevamo andare in Cile. E voleva lo sapessimo. Per il segretario del Pci non sarebbe stato giusto che la Coppa finisse nelle mani del Cile, del regime di Pinochet, piuttosto che nelle nostre. Da lì in poi la strada verso la partenza si fece in discesa”.  A Santiago è tutto facile e il punto decisivo lo mettono a segno Panatta e Bertolucci che giocano indossando una maglietta rossa come il colore dei fazzoletti delle donne che scendono in piazza per chiedere alla dittatura notizie sui loro mariti, fratelli e figli scomparsi. Il rosso diventa il colore della sfida, il simbolo che l’Italia sportiva ha deciso di mettere in campo, nella consapevolezza che quanto sta avvenendo in quel lembo di Sud America va ben oltre il Tennis. L’Italia vince e il sapore della vittoria è ancora più bello.

di Andrea Covotta