Ricciardetto e il Museo irpino 

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Augusto Guerriero, con firma giornalistica Ricciardetto, disprezzava quasi con sdegno piazza della Libertà, perchè aveva perduto le sue caratteristiche originarie di gusto raffinato e romantico di contenuti ottocenteschi che la rendevano un salotto sobrio ed accogliente di Avellino. Amava il Partenio, la sua visione aspra e verdeggiante, con i suoi paesini arroccati a scala alle sue pendici come presepi, raffiguranti, osservati da lontano, mitiche e semplici dimore pastorali. Visti, invece, dall’interno ed osservati nelle loro peculiarità abitative, accoglienti e quasi tutte ben rifinite, evidenziano un pacato sviluppo edilizio ed una discreta vivacità di vita che si accentua maggiormente nei periodi estivi. In uno di questi paesini, appunto, ad Ospedaletto d’Alpinolo, presso l’albergo ristorante il “dirigibile Italia” di Carmelina Sirignano, nel mese di Agosto, Ricciardetto prendeva dimora per trascorrervi un periodo di riposo. Proprio in questo Albergo-Ristorante, casualmente ebbi modo e la fortuna di conoscere da vicino il grande giornalista, in un tardo pomeriggio di agosto degli anni ‘70. I miei suoceri romani annualmente venivano ad Ospedaletto presso l’Albergo “dirigibile Italia” per godere la salubrità del clima e della buona cucina del ristorante Sirignano. Mia moglie ed il sottoscritto, con i bambini, spesso ci recavamo a visitarli, trattenendoci ogni volta per l’intera giornata perchè i nonni gustassero la presenza dei nipotini. Durante queste visite, più di una volta avevo notato un distinto signore seduto dietro un tavolo da caffè sotto il pergolato del terrazzo dell’Albergo con a fianco una donna non tanto giovane che scriveva sotto dettato. Incuriosito, chiesi alla proprietaria dell’Albergo chi fosse quel Signore dall’aspetto di un intellettuale e di uno studioso; meravigliata, mi rispose: “ma come, non sai che quello è Ricciardetto, il grande giornalista?”. Alla risposta rimasi emozionato e confuso, e senza esitazione, chiesi se fosse possibile conoscerlo da vicino per ossequiarlo. Grazie ai buoni uffici della Signora Carmelina mi fu possibile avvicinarlo. Con molta cortesia mi invitò a sedere al suo tavolo. In verità ero imbarazzato e con la mente offuscata tanto da non sapere cosa dire; ero nelle medesime condizioni mentali, allorquando qualche anno dopo mi recai all’Albergo Raito di Vietri sul mare per invitare il re Gustavo di Svezia a visitare il Museo Irpino; essendo un appassionato di archeologia, accettò ben volentieri. Ricciardetto, accortosi del mio imbarazzo, interruppe il silenzio e cominciò a parlare, chiedendomi con garbo cosa facessi di bello nella vita. Gli dissi della mia attività museale e, spontaneamente, iniziò a parlare del Museo Irpino che conosceva benissimo già da quando era provvisoriamente sistemato al pianterreno del palazzo della Prefettura. Menzionò il “legato Zigarelli” che all’epoca della donazione fece molto scalpore e, grazie ai buoni uffici del Prefetto Trotter, successivamente si arrivò alla costituzione dell’istituto museale irpino. Con molto mio stupore si dilungò, poi, a riferirmi sulla ricerca archeologica in Irpinia nel lontano ottocento da parte del pioniere, Vincenzo Maria Santoli che aveva scritto un’interessante opera di carattere geologico, botanico ed archeologico, De Mephiti et Vallibus Anxanti, aggiungendo che lo stesso aveva costituito un museo domestico con i reperti della Mefite che, tramite il Mommsen, poi, andarono a finire al British Museum a Londra; sottolineò che aveva più volte visitato il Museo londinese, notando con sommo stupore che la suppellettile archeologica della Mefite era esposta con una didascalia generica: South Italy; poi si dilungò con dovizia di particolari sulla ricerca archeologica di Raimondo Guarini di Mirabella Eclano (Aeclanum) e sulla raccolta archeologica “Miletti” di Bonito. Era una miniera di notizie culturali sulla storia antica della nostra provincia; con una punta di orgoglio affermò che l’Irpinia nell’800 è stata terra di grandi menti politiche e letterarie, ben note anche all’estero; tramite, poi, due umili e dotti sacerdoti: Santoli e Guarini potè gareggiare all’epoca con i paesi vesuviani in campo di scoperte archeologiche. Di età contemporanea bisogna ricordare con orgoglio l’irpino Salvatore Aurigemma che per ordine del governo centrale fu inviato in Libia dove progettò e realizzò il Museo di Tripoli; alla fine dell’incontro mi chiese con garbo se esistesse un rapporto di parentela con il potestà dell’epoca di Avellino, Barone Grella di Sturno; la mia risposta fu spontanea e senza equivoci: anch’io sono di Sturno ma con il Barone Grella vi è solo un’omonimia; non sono nobile. Nell’accomiatarmi mi strinse la mano, augurandomi buona fortuna nella vita e tanti successi per il Museo Irpino da me diretto. Dopo quell’incontro non l’ho più rivisto; di lui conoscevo un indelebile ricordo ed un altissimo concetto di una persona dotta, amabile ed umile.

Di Consalvo Grella pubblicato il 07/12/2012 sul Quotidiano del Sud