Senza classe dirigente

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Roberto Saviano, intervenendo l’altra sera nella trasmissione di Giannini, Ballarò, ha spiegato, a modo suo, perché Napoli, la Campania e il mezzogiorno non riescono a liberarsi da una difficile condizione, strette come sono nella morsa della criminalità. Analisi lucida, impietosa, ma del tutto corrispondente alla reale situazione che caratterizza la vasta area meridionale. Senza troppi giri di parole, l’intellettuale di Gomorra ha riversato tutte le responsabilità su una classe politica che ha favorito, con i suoi intrecci malavitosi, la crescita della malapianta criminale. Non solo perché essa non è stata in grado di selezionare una classe dirigente all’altezza del compito, ma soprattutto perché per vincere la propria impotenza si è consegnata a coloro che realmente occupano il territorio. Se questo non si è registrato nelle zone interne è stato solo perché la loro debolezza strutturale, la scarsità delle risorse disponibili, non ha fatto da richiamo ai poteri criminali per i loro sporchi affari. Tuttavia il pericolo è solo dietro l’angolo. L’Irpinia rischia di diventare la provincia dormitorio della delinquenza napoletana, con l’invasione di quella microcriminalità che aumenta di giorno in giorno. I segnali sono evidenti e preoccupanti. In alta Irpinia, zona solo sfiorata per decenni da questi fenomeni, l’allarme è ormai all’ordine del giorno. Furti, rapine, spaccio di droga, violenza sulle donne, fenomeni di pedofilia sono i reati che si presentano in modo molto frequente. Da qualche parte, in particolare da alcuni settori delle forze dell’ordine, si tenta a minimizzare, a far passare questi episodi come ricadenti nella normalità. Ma è solo un’illusione, giacché, in particolare dal dopo soppressione dei tribunali, il territorio è completamente sprovvisto di necessarie tutele. Non meno preoccupante è la situazione nella città capoluogo e nei comuni dell’immediato hinterland. Qui la criminalità si presenta sotto vari aspetti. O come riferimento di lavanderia di danaro da riciclare, o con l’accaparramento dei cantieri di lavoro, attuando quel malcostume che è possibile grazie al cosiddetto minimo ribasso. Senza considerare lo smercio della droga che fa registrare un’impressionante catena di vite giovanili spezzate. C’è un altro fenomeno che viaggia sommerso: L’usura. La crisi economica, il ruolo inconsistente svolto dal credito, favoriscono l’espandersi del ricorso al danaro degli usurai. La malapianta del pagamento del pizzo investe quasi tutte le attività commerciali con conseguenze drammatiche anche sul piano dell’occupazione e della formazione del reddito. Come si esce? Restituendo alla politica il ruolo che le è proprio: rimuovendo le cause che determinano l’avanzare della criminalità e con un’azione di grande bonifica sociale.

edito dal Quotidiano del Sud

di Gianni Festa