Vincenzo Barra, una lezione per il presente

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Dalla riflessione sulla storia della Dc al confronto amaro con la politica del presente. E’ il senso dell’omaggio a Vincenzo Barra nel trentennale della morte. Un convegno promosso da “L’Irpinia” con il patrocinio della Provincia di Avellino ed in collaborazione con il Terebinto Edizioni, che ha visto riuniti, per la prima volta, dopo la morte di De Mita, i grandi protagonisti del panorama della Dc, gli onorevoli Giuseppe Gargani, Nicola Mancino e Ortensio Zecchino e Gerardo Bianco in collegamento, moderati da Aldo Balestra. A introdurre l’incontro Girolamo Giaquinto, in rappresentanza della Provincia, eBerardino Zoina, componente del comitato scientifico del Centro di ricerca “Guido Dorso”, tra gli ideatori dell’omaggio. E’ Bianco a porre l’accento su una figura che ha inciso profondamente sulla storia dell’Irpinia “La sua è una grande eredità da recuperare, è stato un uomo di grande spiritualità e nobiltà, quella nobiltà che oggi manca alla politica”. Gargani ricorda il contributo offerto da Barra allo sviluppo del territorio, dalla guida dell’amministrazione provinciale alla capacità di portare in Parlamento i problemi della provincia “E’ stato il pioniere di una classe borghese, diventata classe dirigente, che si contrappone a quella attuale. Era al di sopra di ogni faziosità, capace di ricomporre i dissidi nel partito come segretario provinciale”. Non ha dubbi Gargani “La seconda repubblica è nata con questo governo. Di qui la necessità di mantenere alta l’attenzione sui problemi della democrazia e di ricordare i protagonisti della prima Repubblica. Ecco perchè diventa fondamentale ripubblicare gli scritti di Barra”. Sottolinea come “Non posso rassegnarmi all’idea di non riunire i vecchi protagonisti della Dc, è un’idea a cui lavoro da tempo, a partire dal progetto di una fondazione dedicata a De Mita”. A sottolineare l’alta statura di Barra è anche Mancino “esponente prestigioso della prima generazione della Dc, al fianco di Sullo, grande amministratore, in prima linea nella promozione delle opere infrastrutturali per superare l’isolamento e nella valorizzazione del patrimonio culturale”. Inevitabile il riferimento alla politica di oggi “Il nodo è quello della ricomposizione dei partiti. E’ chiaro che la scelta del Pd di giocare da soli non poteva che essere fallimentare. Sono stato tra gli esponenti della Dc che contestarono la scelta di mettere da parte il partito. Quegli uomini si ritroveranno in un convegno voluto da Castagnetti, ultimo segretario. E sul governo di oggi “Mi sembra formula ambigua”, pur riconoscendo le doti del ministro Piantedosi. E’ quindi Zecchino a ricordare come Barra fosse espressione di quella capacità della politica di ieri “di un rapporto diretto con i cittadini, segno di una solidarietà e vicinanza umana, più volte finita nel mirino di tanti sotto l’accusa di clientelismo. Era quello che dava senso alla politica e che oggi non c’è più. Ci troviamo, invece, in un presente in cui i collegi sono pure astrazioni, decisi come su una scacchiera”. Quindi annuncia l’impegno del comitato scientifico per le celebrazioni degli 80 anni dalla Dc “L’obiettivo che ci proponiamo è quello di liberare la storia della Dc dalle incrostazioni che l’hanno accompagnata, raccontata più volte come un partito senza ideologia. La narrazione della Dc non è adeguata al ruolo che ha giocato nella ricostruzione del paese dopo la guerra”. E sull’esecutivo di oggi “Mi sembra di buon livello. Piantedosi fa onore all’Irpinia e ci rappresenterà bene. Mi auguro che possa offrire un contributo su Sud e giustizia. La presenza di Nordio è rassicurante”. E’ quindi il figlioFrancesco Barra a tirare le conclusioni ricordando come “la tensione democratica che ha consentito di costruire la repubblica sia nata proprio da esperienze drammatiche come guerra e fascismo. Così è stato per mio padre che ha dovuto fare i conti con il dramma della deportazione. Per lui la politica non è mai stata gestione del potere ma identificazione con le istituzioni, servizio reso ai cittadini. Il suo obiettivo era quello di liberare l’Irpinia dallo stato di soggezione sociale, economica e politica in cui era. Era espressione di una classe dirigente che si riconosceva in un partito, inteso come idealità, in contrasto con un presente appiattitosi su lotte di potere e meschinità, in una provincia in caduta libera”. Tra gli interventi anche quelli di Stefano Sorvino e Enzo Venezia